A scuola d’estate
La sfida resta aperta

Quando la frenesia da gioco elettronico o da social network era sconosciuta, i ritmi erano più lenti. Le serate estive, rinfrescate solo dall’anguria o dal gelato, diventavano, talora, infinite. Un tempo la televisione aveva solo due canali, il Nazionale e il Secondo, e in questa stagione mandava in onda <Giochi senza frontiere>, una competizione da sagra paesana tra città europee, arbitrata sempre da due svizzeri, Gennaro Olivieri e Guido Pancaldi. Nei prati si trovavano ancora le lucciole: i monelli gareggiavano per vedere chi ne catturava di più, condannandole così a un’inevitabile fine.

Le vacanze scolastiche erano interminabili. Se poi, come capitò, per esempio, nell’ormai lontano 1976, servivano gli istituti per le elezioni, succedeva che le scuole chiudessero addirittura a fine maggio, per riaprire il 1° ottobre. Quattro mesi fuori dalle aule scolastiche: un’enormità.

Il piano del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, per tenere aperte le scuole anche d’estate, arriva in un’epoca in cui le vacanze estive si sono accorciate almeno di un mese e le proposte ricreative si sono moltiplicate. Intanto, però, le famiglie sono radicalmente cambiate. Sono aumentate quelle dove i figli vivono con un solo genitore. Su un totale di 24.611.766 famiglie, censite nel 2011 dall’Istat, quelle composte da madri o padri soli con figli sono 2.651.827 (rispettivamente il 13,1% e il 2,8% del totale dei nuclei), aumentate di oltre 550 mila unità, rispetto alle 2.100.999 di un decennio prima. Le donne, poi, che si dedicano alle sole attività domestiche, sono ormai rare. Di conseguenza, dopo il suono dell’ultima campanella, si cercano luoghi cui consegnare bambini e ragazzi. «Centinaia di genitori mi hanno scritto per chiedere aiuto», spiega la ministra, informando che la prima bozza della riforma dovrebbe essere presentata già dopo l’estate «in modo da essere annunciata ufficialmente all’inizio del prossimo anno scolastico».

Non tutti i genitori, però, sono d’accordo. «Non vogliamo che le scuole diventino un parcheggio», dichiara la presidente dell’Associazione italiana genitori (Age), Rosaria Danna. Il problema principale lungo la strada dell’apertura estiva delle scuole, come accade già in molti Paesi dell’Unione Europea, è quello di garantire una vera assistenza qualificata agli studenti. «Non ci si può confondere parlando di scuola aperta d’estate», chiarisce Valeria Fedeli: «Chi lo fa, conosce molto poco la scuola italiana. Non c’è solo l’anno scolastico. Ci possono essere attività con associazioni o con altri soggetti: ma tutto questo non c’entra con la docenza. Quindi non ci saranno docenti in estate». Già una decina d’anni fa Francesco Rutelli, allora ministro dei Beni Culturali, propose una distribuzione delle vacanze più equa nell’arco dei dodici mesi. Il tema è stato, poi, ripreso da Mario Monti che, da premier, abbozzò una riforma del calendario scolastico. L’anno scorso, grazie al progetto «Scuola al centro», il ministero dell’Istruzione ha investito 10 milioni di euro, riuscendo a tenere aperti, in modo gratuito per le famiglie, 400 istituti in quattro grandi città italiane, dove alto era il rischio di dispersione scolastica: Palermo, Napoli, Roma, Milano. Gli obiettivi: offrire ai ragazzi coinvolti un arricchimento del percorso formativo e garantire alle famiglie e al territorio un presidio di contrasto alla dispersione scolastica e di recupero delle sacche di disagio sociale. Il progetto ha ottenuto un buon risultato e sarà ripetuto, ampliato, quest’estate. Ora la sfida resta aperta.

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