È il silenzio la protesta
degli adolescenti d’oggi

È esperienza diffusa, nelle famiglie, la difficoltà, talvolta improba e prolungata, a instaurare un dialogo tra genitori e figli adolescenti. Forse ha ragione chi sostiene che si voglia parlare con i ragazzi quando iniziano a diventare grandi e li si trascuri, invece, davanti agli schermi di tv e computer, quando sono più piccoli e desiderosi di avere risposte dagli adulti.

Ora un’indagine conferma quello che si sospettava: i giovani non solo evitano i genitori, ma si chiudono in loro stessi, accettando il confronto solo con persone della loro età. Ad analizzare il fenomeno è una ricerca del Censis, insieme alla Fondazione Hpnr (Human Potential Network Research) e in collaborazione con la Fondazione Oic (Opera Immacolata Concezione).

Il quadro che emerge è impressionante. Dal 1951 la popolazione italiana è cambiata radicalmente. Mentre in quell’anno il 57 per cento degli abitanti aveva meno di 35 anni, oggi questa fascia si è ridotta al 35. Gli italiani sono aumentati di oltre 13 milioni di unità, ma hanno perso per strada quasi sei milioni di giovani. Questo dato ha conseguenze di carattere economico e sociale. Da un lato, il Paese ha una scarsa vocazione all’innovazione. Dall’altro, le politiche sono sempre meno rivolte ai giovani, che perdono voce in capitolo e tendono a isolarsi. Degli otto milioni di italiani che non vogliono avere rapporti con persone di altre generazioni, la netta maggioranza sono giovani, con un rapporto di dieci a uno. Si scopre così che non solo non accettano consigli da persone di un’altra età, ma che, addirittura, non seguirebbero corsi di formazione dove ci sono persone più anziane, sceglierebbero medici giovani, entrerebbero in negozi con commessi coetanei. Il fenomeno potrebbe essere anche una conseguenza dei social network, dove i ragazzi d’oggi passano molto del loro tempo: le reti sociali di internet tendono a creare recinti autoferenziali tra persone con gli stessi interessi. Chi è cresciuto nell’epoca delle contestazioni giovanili, della protesta generazionale vibrante e urlata, del Sessantotto e delle sue derive, si scontra ora con un altro, inatteso, genere di protesta. La protesta del silenzio. Che può far male più del chiasso.

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