D-Kola veste le Madonne al Bernareggi
Un video e nuove visite guidate

Nuove visite guidate al museo Bernareggi e all’installazione «Una donna vestita di sole»: l’appuntamento è il 18 e 19 e il 25 e 26 giugno, alle ore 16.

Verranno organizzate visite guidate gratuite sul tema mariano al Museo e all’installazione. Costo di ingresso 3 euro, non è necessaria la prenotazione. Per i gruppi possibili visite anche in settimana: telefonare per info e prenotazioni 035 244 492. Una mostra che racconta di devozione e lo fa attraverso anche tessuti antichi e forme moderne, che mixa la sartorialità a materiali tecnici. Una esposizione ricca di fascino quella in programma alla Fondazione Adriano Bernareggi, in via Pignolo, 76: la stilista Dorina Kola, di origini albanesi e residente a Bergamo da diversi anni, ha reinterpretato l’antica pratica del vestire le Madonne.

Un antico gesto devozionale che si lega al tentativo di ridare vita a oggetti che non erano semplicemente manufatti artistici ma destinati alla preghiera e alla vita spirituale. Le «Madonne vestite» fanno parte di un rito legato alle devozioni popolari che attraversa i secoli dal medioevo ai giorni nostri – spiegano dalla Fondazione Bernareggi -. Il fenomeno, sviluppatosi notevolmente in età barocca, giunge in taluni casi a esiti decisamente spettacolari, raggiungendo nel ’700 il massimo splendore: gli abiti rispecchiano fedelmente i modi di vestire delle donne dell’epoca. Nel secolo scorso molti degli abiti che vestivano le Madonne sono andati perduti, lasciandoci in eredità la suggestione dei corpi lignei, spogli ma non meno carichi di interesse.

In mostra ci saranno quindi «opere di interesse non solo artistico ma di grande valore antropologico – spiega don Giuliano Zanchi, segretario generale della Fondazione Bernareggi -, legato al concetto di devozione: per capirli e collocarli in ambito sociale abbiamo così provato a reinterpretato la pratica storica di vestire le Madonne».

Tre quelle vestite da Dorina Kola (un video di Gabriele Cella racconta il lavoro della stilista): «Sono partita dai tre colori di base della più antica tradizione vestiaria – spiega la stilista -: il bianco, il rosso e il nero». C’è il bianco «che è purezza, innocenza e vita: ho realizzato un abito in tulle ricamato, sopra il quale ho applicato dei fiori di seta. Poi c’è quello rosso, espressione di sacralità, sacrificio, amore divino». Infine l’abito nero, il più vicino allo stile del brand D-Kola: «Nero nel senso di sobrietà, ma anche sofferenza. In neoprene, dalle maniche partono dei fili in cotone bianco».

Esposti anche dipinti, corone e gioielli, manufatti artistici, in questa analisi antropologica della devozione «che potrebbe proseguire in questa sperimentazione stilistica grazie al lavoro di altre designer locali» preannuncia don Zanchi.

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