Leila Bali, 30 anni da orafa
«Da Legge ai gioielli Trussardi»

Quando è arrivata a Bergamo aveva 25 anni e pensava di fare l’avvocato. Novella sposina, partita da Roma, si è ritrovata in una città che non conosceva, ma con il suo fare solare e l’esuberanza di donna cosmopolita si è rimboccata le maniche.

A 30 anni dall’avvio di un’attività che l’ha portata a lavorare «nel bello e per il bello», Leila Bali si racconta attraverso i suoi gioielli, «preziosi e ciascuno con una storia» spiega lei che, orafa, ci è diventata quasi per caso. «Lavoravo in uno studio legale, fresca di laurea e da poco a Bergamo con mio marito che era responsabile di un ufficio del personale per una multinazionale - ricorda -. Un giorno mi trovavo dalla mia amica Anna Melania: mi lasciò qualche ora a badarle il suo laboratorio orafo in Città Alta e io, quasi per scherzo, le chiesi se potevo pasticciare con i suoi arnesi».

Il passo a un corso per scoprire il mestiere fu breve: «Mi ha aiutato la mia origine armena: mio padre mi ha tramandato il senso dell’arte e la spiccata indole creativa. Anche la passione per i gioielli, se penso a mia nonna e ai suoi tanti preziosi, tutti razziati nel genocidio armeno».

Quel giorno in Città Alta le si aprì il cuore: «Fu come se avessi trovato la mia strada, iniziai a lavorare con scalpello e forno nella cantina di casa - continua a raccontare -. I primi gioielli li feci per me. In particolare ricordo il primo pezzo: un paio di orecchini sbalzati in oro dal gusto orientaleggiante». Poi arrivò il giro delle amiche e delle conoscenti, in una rete che si ingrandì mese dopo mese. «L’apertura risale all’ottobre di 30 anni fa: ricordo la paura, il timore di non farcela, ma volli mettere in quel laboratorio tutta me stessa». Laboratorio in cui Leila Bali è ancora oggi, in via Petrarca: uno spazio dalla pianta esagonale e dal gusto sempre moderno e di grande originalità. «In vetrina pochi pezzi, nella filosofia che il gioiello si costruisce per e con chi lo indosserà». Tanti pezzi unici, tante le pietre preziose, con una storia per ciascun gioiello, storie che sono andate in mostra, nell’idea di creare un salotto culturale: «Penso “All’immagine del tempo” che organizzai per i miei 15 anni di attività: i gioielli furono indossate dalle figlie delle mie clienti, e penso a “Il bosco incantato”: nel 2006 13 miei pezzi andarono in mostra alla Gamec». Le sue amate perle, le croci di brillanti, le tante incisioni: pezzi unici che l’hanno portata anche alla realizzazione di una collezione per Trussardi: «Nel 1997, per l’apertura di Palazzo Marino, Nicola volle una linea di gioielli in oro e argento, ma anche accessori moda come borse e cinture, un orologio: disegnai la collezione con la sua supervisione, era un uomo carismatico e sempre in fermento, con idee avveniristiche».

E il legame con la famiglia Trussardi non si è mai spezzato: «Tomaso mi chiese il primo gioiello da regalare a Michelle e sono tante le storie d’amore che ho racchiuso in un gioiello». D’oro, preziosissimo, ma con il tempo Leila Bali ha giocato anche con l’argento, ripensando la sua creatività, in un circolo d’innovazione che la portano a creare sempre nuove forme, in uno stile pulito, senza eccessi ma con il guizzo dell’estro che l’ha resa una delle orafe più note a Bergamo: «Trent’anni dopo mi sembra di essere ancora agli inizi, con lo stesso entusiasmo,e lo stesso intento: raccontare un’emozione puntando sull’unicità». Rifuggendo il «tutto uguale», perchè come da quel giorno di «prove e pasticci», lei resta l’eterna ragazzina: «Io? Vado a ruota libera e non mi guardo mai indietro. Il futuro è sempre ricco di idee».

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