Ciaspolatori, tragedia sfiorata
«Imprudenti, ci vuole l’attrezzatura»

«Inesperti? No, non li definirei tali. Perché chi si spinge d’inverno e con le ciaspole ai piedi fino alla vetta dell’Arera, probabilmente è abbastanza abituato a questo genere di escursioni. Diciamo che sono stati senza dubbio imprudenti. E molto. Quello sì».

Il riferimento è ai due ciaspolatori travolti domenica 6 marzo nei pressi della cima dell’Arera e che si sono fortunatamente salvati. Oliviero Valoti, responsabile dell’articolazione aziendale territoriale 118 di Bergamo, si trova spesso in prima persona a intervenire, a bordo dell’elisoccorso, per recuperare escursionisti feriti in montagna.

Le valanghe, per fortuna, non sono così frequenti sulle nostre valli, anche se le nevicate degli ultimi giorni hanno fatto alzare a livello di «moderata» la criticità. A ogni modo, per evitare pericoli, conta molto la prevenzione: «In quest’ultimo caso, come spesso purtroppo accade, i ciaspolatori non erano dotati delle attrezzature fondamentali per far fronte al cosiddetto “autosoccorso” - spiega Valoti - e che è la classica “triade” formata dalla pala, dalla sonda e dall’emettitore d’impulso Arva (acronimo di “Apparecchio per ricerca in valanga”, ndr). Se fossero rimasti sommersi dalla neve, sarebbe stato difficile individuarli e loro stessi non avrebbero avuto la possibilità di segnalare la loro posizione».

I tre attrezzi sono indispensabili, indipendentemente dalla meta: «Anche chi usa le ciaspole, e non solo gli scialpinisti, deve adottare queste precauzioni, senza sottovalutarle - osserva il direttore del 118 di Bergamo -. Molti pensano che le slavine siano pericolose solo per gli scialpinisti, ma non è così: il rischio c’è, in generale, per chiunque vada in montagna».

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