Ultrà, disordini alla Bèrghem Fest
Scontro accusa-difesa nell’appello

«Fatti gravi per la città, avvenuti non solo allo stadio ma anche in occasione di feste con famiglie. Per il tipo di violenza sistematica non sono nemmeno troppo pesanti le condanne di primo grado».

Parole del vice procuratore generale Marco Martani, lunedì 3 ottobre al processo d’appello riguardante una cinquantina di ultrà atalantini e altrettanti catanesi, condannati nell’ambito del maxi processo sul tifo violento a Bergamo. «Le identificazioni sono avvenute sulla base di elementi solidi - ha sostenuto il pg, chiedendo il rigetto del ricorso delle difese - perché effettuate da testimoni o dalle forze dell’ordine». Non solo: «Ci sono anche le intercettazioni - ha ricordato il magistrato - in cui emerge il ruolo di alcuni imputati».

Martani ha insistito sulla gravità dei disordini alla Bèrghem fest di Alzano nell’agosto 2010, quando nell’ambito di una manifestazione di protesta contro la tessera del tifoso vennero incendiate auto e attaccato il tendone che ospitava il dibattito con tre ministri. Il pg ha chiesto la riduzione della pena di 1 mese ai condannati in primo grado per i disordini alla Bèrghem fest, per prescrizione del reato di radunata sediziosa, ma ha chiesto la conferma della condanna per il concorso morale nei danneggiamenti.

«I fatti sono sicuramente gravi ed è vero che non ci sono mai stati dubbi sulle identificazioni, d’altronde i partecipanti al corteo erano a volto scoperto - ha ribattuto l’avvocato Federico Riva, che difende la maggioranza degli atalantini - quello che manca, però, è la prova del concorso morale nel danneggiamento. Come si fa a concorrere moralmente in qualcosa di cui non si è a conoscenza? Tutti i 31 tifosi condannati per i fatti di Alzano erano convinti di partecipare a una pacifica manifestazione e non avevano idea di quello che sarebbe successo. Gli autori del danneggiamento non sono mai stati identificati». Il 22 novembre la sentenza.

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