Clint è un uomo enigmatico e tormentato che ha deciso di ritirarsi nella tundra siberiana, dove conduce una vita solitaria alla ricerca di quella serenità da tempo perduta. Nel freddo glaciale, gestisce un piccolo locale, frequentato solo dai rari viaggiatori e dai pochi abitanti della zona. Nonostante viva isolato da tutto e da tutti, Clint non riesce a trovare la pace tanto ricercata, così un giorno, a bordo della slitta trainata dai suoi cani, l'unico mezzo di trasporto che possiede, decide di avventurarsi verso il mondo dal quale è fuggito. Inizia così un viaggio sia reale che metafisico, attraverso lande desolate, sogni e memoria, un percorso che lo porterà ad affrontare i suoi demoni, incluso il più temibile: se stesso. Il film, presentato alla biennale 2020 e alla 70ma Berlinale, è la sesta collaborazione tra il regista Abel Ferrara e il protagonista Willem Dafoe. Spiega il regista “Dopo Pasolini questa storia ha iniziato a prendere forma nella mia mente: immagini assurde, a dir poco strane, lontane dalla città, lontane dalla modernità. Le ho lasciate scorrere dentro di me. Un posto, una sorta di universo alla Jack London, mute di cani, una serie di incontri e di soste nel corso di un viaggio, segnati da luoghi e tempi selvaggiamente diversi. Non ho tentato di scrivere una sceneggiatura perfetta, ma al contrario di raccogliere queste immagini attingendo alla memoria, cercando di creare delle opportunità, di provocare il nostro modo di pensare, di comporre un’esperienza da registrare, sperando che sia abbastanza trasparente e piena di vita da risuonare negli spettatori. Cose che a volte sono difficili da spiegare, ma che è sempre interessante tradurre in un’esperienza puramente cinematografica. Questo non è un addio a quello che ho fatto e abbiamo fatto sino ad ora – è una continuazione. A partire dal mio primo film mi sono immerso sempre più nell’oscurità. Nutro un grande desiderio per quello che il cinema può essere”.