Da Bergamo chef
stellato nel mondo

Lo chef stellato Ghigo, come lo chiamano gli amici, è un giramondo istintivo, una trottola global. Mai fermo, con un effetto spiazzante: te lo ritrovi dove meno te l’aspetteresti. Ultima destinazione conosciuta di Amerigo Tito Sesti, 29 anni, di Bergamo, è Bangkok dove recentemente è sbarcata la Guida Michelin: tre cuochi hanno preso due stelle e 14 una, fra i quali il nostro.

Soddisfatto, Ghigo, di questo riconoscimento che stabilisce un prima e un dopo in una biografia che è già un mappamondo e in questo presente c’è anche lo spazio per una collaborazione con la «Royal Project Foundation», il piano dei sovrani thailandesi per la sostituzione delle piantagioni d’oppio e per il recupero di quelle terre.

A Bergamo Ghigo è tornato giusto il tempo per festeggiare Pasqua con la madre e il fratello Lele e rientrare di nuovo al «J’Aime by Jean-Michel Lorain» di Bangkok, dove dirige undici cuochi ed è alla sala comando in cucina dal 2014. «C’è molto lavoro, la qualità della vita è buona e integrarsi è abbastanza facile. La capitale è piuttosto caotica, ma i contrasti sociali sono intriganti ed esprimono un’anima, un carattere», dice, mentre illustra alcuni suoi piatti. Per esempio: una variante di ravioli fatti con barbabietole, radicchio, carota, sedano, rapa, nocciole e salsa arabica, oppure una composizione di lingua brasata con zucchine, uva e pinoli ispirata dalla sua vice, una giovane argentina. In questi menu balzano agli occhi i tanti colori e questo gusto creativo gli deriva dal lascito dei genitori, restauratori di dipinti.

Ristorante e albergo (86 camere), strutturati come un resort con giardino e piscina, sono nel centro della capitale e per capire l’ordine di grandezza bastano due dati: stiamo parlando di una metropoli di circa 13 milioni di abitanti, dotata di 10 mila ristoranti di tutti i generi. Quello che vede protagonista lo chef bergamasco è d’élite, frequentato principalmente da un pubblico locale e della vicina Hong Kong ma anche da molti clienti occidentali. Lavora dalla mattina a sera inoltrata, riposa il martedì e in testa ha sempre l’idea di reinventarsi: «Mi stanco presto dei menu e così ogni mese e mezzo ne realizzo uno nuovo. Parto dalla tecnica e progressione della cucina francese, rielaboro gusti e memorie di viaggio, valorizzando prodotti locali».

Cosmopolitismo da grande cucina per un ragazzo che deve parecchio al fatto di essere molto goloso di dolci: l’idea iniziale di fare il pasticciere piuttosto che il panettiere s’è poi evoluta in quella di chef. Ne ha fatta di strada lo studente dell’Alberghiero di San Pellegrino, ma tutto ruota attorno alla Francia e in questo caso vale la regola investigativa del «cherchez la femme», cioè Marine, la sua ex compagna conosciuta in Inghilterra e figlia di Jean-Michel Lorain, che lavora con lui a Bangkok. Famiglia blasonata e ormai alla quarta generazione di ristoratori pluristellati con il geniale papà Jean-Michel: celebre ristorante, «La Cote Saint Jacques» a Joigny in Borgogna, un addestramento di livello per il bergamasco.

La Francia, dunque, come riferimento sentimentale e di vita professionale. L’esordio da studente senza storia alle spalle proprio a Bordeaux per un programma d’interscambio con il Lycée d’Hotellerie et de Tourisme. Poi il ritorno a casa, prima al «Ristorante Baretto» di San Vigilio, poi all’«Osteria della Brughiera» sotto la protezione del suo primo maestro, Paolo Benigni. Quindi di nuovo con la valigia in mano: al «Ristorante Bocconi» di Bruxelles, all’«Antica Osteria del Carlin» nel Canton Ticino, al «Waterside Inn» di Bray, sulle sponde del Tamigi, a stretto contatto con gli storici chef stellati Michel e Alain Roux.

A questo punto Ghigo attraversa anche l’Atlantico e approda nelle campagne della Virginia, al «The Inn at Little Washington» dove lavora con un altro chef stellato, Patrick O’ Connell. Ma il richiamo della foresta lo ha ricondotto alla «sua» Francia, ingaggiato insieme con l’ex fidanzata da papà Lorain che ha tentato l’avventura (più che riuscita) in Thailandia aprendo il ristorante, diventato riferimento della cucina francese a Bangkok. Fra i clienti vip anche vari componenti della famiglia reale, in particolare il principe fratello del defunto Re Rama IX e delle nipoti dell’attuale sovrano Rama X. Ghigo collabora al «Royal Project Foundation» che coinvolge 11 mila famiglie nel Nord del Paese , una zona di montagna (più di un’ora di volo e tre di auto dalla capitale). «Si tratta – spiega Amerigo – di un programma iniziato già negli anni ’70 e che prevede di abbandonare la coltivazione dell’oppio, una delle principali fonti di reddito per la popolazione locale, sostituendola con prodotti autoctoni in grado poi di essere commercializzati e di favorire così un’economia pulita e virtuosa. Anch’io ho partecipato a questa campagna: ho soggiornato diverse volte in quelle aree, ho seguito la ricerca di nuove colture e la semina e ho pure organizzato una cena di gala con alcuni membri della corte thailandese».

Prossimo allo snodo dei 30 anni, può già permettersi il lusso di riavvolgere il nastro della memoria e rivedersi – come è successo qualche tempo fa all’«Hotel Amigo» di Bruxelles dietro la celebre Grand Place – a servire la colazione a quel Bruce Springsteen, il suo preferito, di cui non perde una canzone. Così come, nei limiti di un superlavoro che gli concede poche pause, nei ritagli di tempo coltiva la passione del cinema (Blade Runner, The Blues Brothers, Bergamo Film Meeting), della letteratura (Ray Bradbury, Kurt Vonnegut), dell’arte (da Keith Haring a Caravaggio), della montagna e dei viaggi (Canada, Scozia, Vietnam, Giappone, Tasmania, Norvegia). Sempre accompagnato da nuovi progetti in quel cantiere aperto che è la cucina dell’hotel. Con l’arrivo dell’estate e prima della stagione delle piogge (da metà agosto a metà novembre) lo attende una maratona senza soluzione di continuità, che affronta mettendosi in gioco e affidandosi all’estro della «distruzione creatrice». E un giorno, chissà, lo ritroveremo mettere in piedi qualcosa di tutto suo in un angolo di mondo: «Cerco di far tesoro di quel che chef geniali mi hanno insegnato: devi innovare continuamente, cercando di far convivere in cucina più culture, trovando una sintesi a più dimensioni. Una molteplicità di sapori da servire alla tavola di chi ama scoprire».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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