Da Comun Nuovo
musica a Copenaghen

Enrico Ferri frequenterebbe la quarta liceo al Secco Suardo, a indirizzo musicale, e parteciperebbe alle prove della New Pop Orchestra di Comun Nuovo, di cui fa parte, ma è in Danimarca, a Copenaghen, dove sta seguendo le lezioni della seconda ginnasio, il corrispettivo danese della sua classe, e suona nella prestigiosa Sankt Annæ Symphony Orchestra.

La Danimarca è una meta sempre più ambita per i giovani, studenti e lavoratori, ma per il 17enne di Comun Nuovo è stata quasi una scelta obbligata. Infatti racconta che «agli incontri di intercultura ho chiesto quale fosse la meta migliore per continuare a coltivare la musica e mi è stato consigliato il Nord Europa in generale e la Danimarca in particolare. Da quel momento quel Paese è stato la mia prima e unica scelta».

All’arrivo, non ha incontrato particolari problemi di ambientamento, si è subito sentito accolto da amici e dalla famiglia che lo ospita. L’unico problema iniziale, nonostante la conoscenza dell’inglese che un po’ lo ha aiutato, è stato la lingua: il danese è completamente diverso dall’italiano e non è semplice da imparare, «l’unica cosa è continuare a studiare e migliorare sempre di più. So che entro Natale sarò in grado di capire le lezioni e parlare bene», dice con determinazione. Sì, perché le lezioni, la vita, tutto è in danese, benchè le persone conoscano bene anche l’inglese e cerchino sempre di aiutare Enrico a imparare la loro lingua e a sentirsi a suo agio. «In Italia c’è il pregiudizio che i danesi siano un popolo freddo, ma vivendo qui non mi sono mai trovato in una situazione di disagio, tutti sono accoglienti e gentili». Ciò che più l’ha colpito è come la vita «sia presa con molto più relax, sia al lavoro, sia a scuola, come nella musica. Questo non vuol dire che non si concluda nulla, tutt’altro: c’è più organizzazione, c’è tempo per ogni cosa, semplicemente non c’è lo stress. Probabilmente è dovuto all’attenzione per le persone, alla ricerca del benessere sociale che caratterizza sia la politica sia la vita in generale», riflette Enrico.

Una piccola pecca che riconosce può essere il cibo, ma è normale, venendo da un Paese che lo valorizza così tanto. Infatti, «anche se tutti conoscono la pasta e la pizza, nessuno conosce la polenta», si lamenta ridendo, e la prima cosa che farà tornato a casa sarà proprio quella di mangiare un po’ di polenta taragna, che ammette mancargli, come gli manca parlare bergamasco, dal momento che nessuno degli italiani che ha conosciuto in Danimarca viene da Bergamo.

Enrico è ospitato in una famiglia abbastanza numerosa, mamma, papà e tre figli. La primogenita ha 16 anni ed è a sua volta all’estero per un anno, proprio in Italia, a Vicenza. Si trova in un ambiente artistico, dal momento che la mamma è una scrittrice piuttosto famosa in Danimarca e alcuni suoi libri sono stati tradotti anche in Italia. Il suo «papà ospitante», come lo chiama affettuosamente Enrico, lavora in ufficio, ma condivide con lui la passione per la musica, in quanto canta e suona il basso in una band di musica leggera; stanno organizzando di andare a sentire un concerto rock o metal insieme, perché se anche Enrico suona in un’orchestra di musica classica, è appassionato a diversi generi musicali, ha dei gusti eclettici.

Avendo ricevuto i dati della famiglia ospitante e della scuola che avrebbe frequentato solo tre giorni prima della partenza, a fine agosto Enrico ha affrontato le audizioni per entrare nella prestigliosa Sankt Annæ Symphony Orchestra (Saso), un’orchestra giovanile famosa in tutta la Danimarca nonché in molte parti d’Europa, con un po’ di ansia. Era preoccupato perché, arrivato a Copenaghen, era una settimana che non suonava e «la musica è come lo sport, se sei fermo da un po’ devi riprendere pian piano per raggiungere il tuo meglio con l’esercizio». In dubbio, ha chiesto un parere ai suoi insegnanti in Italia che gli hanno consigliato di partecipare lo stesso, «bisogna sempre tentare, non sarei stato al 100% ma non avrei potuto dire di non averci provato». Anche la sua famiglia ospitante ha contribuito a dargli la carica e a infondergli coraggio, e quindi si è esercitato molto, rimanendo a scuola, nell’aula delle percussioni, ogni giorno per un’ora dopo le lezioni, che terminano alle 15.30 del pomeriggio.

Enrico racconta che la sera prima era in ansia, ma poi «al mattino successivo l’ansia se n’era andata, e mi sentivo finalmente pronto a dimostrare le mie capacità. Mi recai nella sala delle audizioni venti minuti prima, ripassando velocemente i pezzi che avevo preparato. All’orario stabilito la commissione entrò, e iniziai così la mia audizione». Si è presentato alle audizioni sia per i timpani sia per il corno francese, «è andata bene con entrambi gli strumenti, ma sono stato scelto per i timpani, per creare più equilibrio nell’orchestra». Quello di timpanista è infatti un ruolo unico e fondamentale. E le soddisfazioni non mancheranno: a marzo avrà un tour di una settimana, che lo porterà a Stoccolma e Malmö in Svezia e a Oslo in Norvegia, per cui con l’orchestra sta già provando un giorno alla settimana per diverse ore, oltre che talvolta al weekend per tutto il giorno. «È una bella orchestra, un bell’ambiente ed è piacevole uscire insieme. Una sera abbiamo affittato una sala di un cinema e abbiamo visto il Padrino, dal momento che l’8 novembre avremo un concerto a Valby [Copenaghen] e suoneremo anche parte della colonna sonora di quel film». Il repertorio di quest’anno varia tra le più famose colonne sonore, quali «Star Wars», «The Godfather» e «Nuovo Cinema Paradiso», a pezzi classici di carattere sinfonico più complessi, come la Sinfonia no. 9 «Dal Nuovo Mondo» di Dvorak, la Sinfonia no. 7 di Beethoven, «Hungarian Dance no. 5» di Brahms e «Also Sprach Zarathustra» di Strauss. Ma gli impegni di Enrico non si fermano qui: ha infatti iniziato le prove anche con un’altra orchestra meno nota per coltivare anche il corno francese, e ha fatto le audizioni per dirigere il musical scolastico. Questa intraprendenza, la dedizione e l’impegno che caratterizzano la sua esperienza gli serviranno anche in futuro, in cui ha intenzione di studiare composizione, e sta valutando di fare l’università all’estero. Porterà sempre nel cuore gli affetti e le relazioni create in Danimarca oltre che l’esperienza con l’orchestra. Consiglia l’esperienza di Intercultura a tutti, «non per forza in Danimarca, ma in un Paese che permetta di coltivare le proprie passioni».

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