Dai campi della Bassa
al tempio Usa della scienza

Talento, curiosità e una buona dose di tenacia «bergamasca». È il mix di ingredienti che ha assicurato a Sebastiano Bariselli, di Calcio, un posto all’interno del prestigioso ente di ricerca americano Nih, National Institute of Health, di Washington.

Classe 1987, Sebastiano nasce in piena pianura bergamasca, in un lembo di terra orobica bagnato dall’Oglio. Nasce e ci cresce, in quell’angolo di provincia feudo di cascine e aziende agricole, abituato a vedere i genitori Stefano e Anna salire e scendere dai trattori dell’impresa casearia di famiglia, impegnata da decenni nella produzione di latte. Una vita trascorsa molto poco fra le quattro mura di casa, molto più spesso en plein air, circondato da animali. Fino a quando, quella stessa pianura bergamasca che lo ha cullato e ispirato, inizia a stargli stretta. E così nel giro di pochi anni Sebastiano da Calcio approda a Milano, per frequentare l’Università Statale, facoltà – non per tutti – di Biotecnologie farmaceutiche. Tempo di prendere la laurea (triennale e pure specialistica) che anche i confini nazionali iniziano a stargli stretti. A lui e a (quasi) tutti i giovani italiani che sognano di fare ricerca.

Il giovane si trasferisce dunque a Ginevra, poi da Ginevra a Losanna. Fino alla sua residenza attuale, Washington. Dove, appunto, fa ricerca in uno degli istituti più prestigiosi del mondo, il National Institute of Health.«Come sono arrivato da Calcio fino alla capitale degli Stati Uniti? È una storia lunga, che ha le sue radici proprio nella piccola cittadina di provincia dove sono nato e cresciuto. Vivere in campagna mi ha reso curioso: mi ha stimolato, mi ha avvicinato al mondo animale, ma soprattutto mi ha portato a riflettere sul ciclo vitale». E da lì l’iscrizione alla facoltà di Biotecnologie farmaceutiche: laurea triennale prima (nel 2010), laurea specialistica poi (nel 2012). Con una correlatrice d’eccezione alla magistrale: la farmacologa e biologa Elena Cattaneo, nominata senatrice a vita nel 2013.

«Una persona eccezionale, dotata di un’intelligenza rara – dice –. Una professoressa di cui difficilmente dimenticherò il carisma e l’integrità scientifica. Credo sia stato proprio il nostro incontro a spingermi a fare ricerca». Già, la ricerca. Incoronato dottore bis nel 2012, Sebastiano – come molti suoi connazionali – insegue sin da subito l’opportunità di fare un dottorato in Italia. Il suo campo di specializzazione è lo studio del cervello, in particolare le sue cellule – i neuroni – e i loro nodi di comunicazione, le sinapsi. «Dalle facoltà del mio Paese non ho mai avuto nessuna risposta. Così, senza aspettare mesi e mesi, nel 2012 decido di tentare il dottorato oltreconfine. E vengo preso in due università: quella di Stoccolma e quella di Ginevra. Insomma, passo da non avere risposte ad avere l’imbarazzo della scelta. E alla fine opto per la Svizzera».

A Ginevra Sebastiano viene inserito in un laboratorio di 12 ricercatori: la sua attività consiste nello studiare le alterazioni in specifiche aree del cervello che portano allo sviluppo dell’autismo. Una ricerca effettuata mimando nei topi le alterazioni genetiche ricorrenti in alcuni individui affetti proprio da questa patologia, per capirne le conseguenze a livello neuronale. Nel 2014 il giovane cambia di nuovo città e si sposta a Losanna: «Qui ho proseguito il lavoro nel campo dell’autismo, ma in questo caso focalizzando i miei studi sulle alterazioni del comportamento sociale. Queste analisi mi hanno consentito di individuare un trattamento farmacologico in grado di migliorare sia le alterazioni neuronali che i disturbi nel comportamento sociale del modello animale. Tornato poi a Ginevra, nel maggio del 2016, ho ottenuto il dottorato di ricerca in Neuroscienze fondamentali».

Nell’anno successivo, una nuova rotta: quella che ha portato Sebastiano verso il Nuovo mondo, con destinazione Washington e il National Institute of Health. Si tratta di un istituto governativo con oltre 6.000 scienziati da tutto il mondo, 27 centri di ricerca specializzati in campo oncologico, immunologico, psichiatrico e 75 edifici dedicati. «È una realtà estremamente stimolante, della quale sono entrato a far parte grazie a una borsa di studio che mi permetterà di lavorare in questo contesto fino ad aprile 2019. Qui, insieme a un team di sei persone dai 24 ai 30 anni, continuo a studiare il cervello. La particolarità della nostra ricerca è che, grazie all’inserimento di alcuni elettrodi nei topi, riusciamo sia a studiare sia a manipolare l’attività neuronale mentre sono svegli ed esprimono atteggiamenti compulsivi. Naturalmente, tutti gli esperimenti condotti su modelli animali sono sottoposti ad approvazione da parte di comitati etici. I ricercatori stessi utilizzano ogni mezzo a loro disposizione per evitare che gli animali soffrano inutilmente».

Il National Institute of Health è una realtà in cui vivono e lavorano molti italiani che, come Sebastiano, sono stati costretti ad abbandonare il Belpaese per fare ricerca. «Ce lo diciamo, fra di noi: è un dispiacere aver lasciato l’Italia. Ma lo stesso percorso, il nostro Paese, non ce l’ha garantito. I miei genitori sperano sempre che possa tornare, ma supportano la mia scelta e condividono la speranza che la borsa di studio possa essere rinnovata. Anche perché a Washington si sta bene, si respira un’aria di grande libertà, e la sua comunità – nonostante sia fortemente diversificata – vive davvero in armonia». Anche per Sebastiano, così come per molti altri talenti orobici, una vita fuori dall’Italia, dunque, senza dimenticare da dove si è partiti: «Mai. Anche perché se sono così tenace, caratteristica indispensabile di chi vuole fare ricerca, lo devo alla mia terra. A Bergamo».

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