Truffa Pigna, l'accusa chiede
3 anni per Picone e Battaglia

Tre anni per Joseph Picone e Filippo Battaglia, trasmissione degli atti al pm per la riapertura del procedimento per Giorgio Paglia. Queste le richieste presentate dall'accusa giovedì 17 dicembre al processo per la truffa alle Cartiere Pigna. «E' stato costruito un castello ad hoc da parte degli imputati e di Paglia per prelevare dalla Pigna forti somme di denaro» ha spiegato l'accusa, che ha rimesso quindi in discussione il ruolo di Paglia (la sua posizione era stata archiviata) nella truffa.

L'avvocato Emilio Gueli, parte civile al processo, si è associato alle richieste dell'accusa chiedendo per le Cartiere Pigna 6 milioni di risarcimento, di cui 4 come provvisionale.

La vicenda inizia alla fine del 2003 quando alle Cartiere Pigna viene prospettato un affare in Venezuela, collegato a un piano di alfabetizzazione del governo («Plan Robinson»), che avrebbe dovuto fruttare alla storica azienda di Alzano forniture di materiale scolastico per 30 milioni di euro. Gli intermediari chiedono alla Pigna di versare soldi per «anticipo spese burocratiche», ma alla fine spariscono 4 milioni e 400 mila euro.

Nel 2005 il consiglio di amministrazione delle Cartiere Pigna decide di presentare una denuncia per truffa alla Procura di Bergamo. Sei persone finiscono nel registro degli indagati, mentre l'azienda risulta come parte offesa. Secondo gli inquirenti, il piano di alfabetizzazione del governo venezuelano non esisteva e i soldi versati dalla Pigna sarebbero finiti nelle tasche di alcuni dei soggetti che si erano offerti come intermediari nell'affare.

Tra gli indagati finisce anche l'allora amministratore delegato delle Cartiere, Giorgio Paglia, cugino del presidente dell'azienda Carillo Pesenti Pigna. Secondo l'accusa, Paglia avrebbe fatto parte del piano per spillare soldi all'azienda. Ma nel marzo del 2007 Paglia viene scagionato. Il gip archivia infatti la sua posizione e quella di tre indagati minori. Secondo il giudice preliminare, Paglia non era un truffatore, ma vittima egli stesso del raggiro: si era fatto ingolosire, secondo le conclusione del gip, dai 30 milioni che venivano prospettati dall'affaire Venezuela.

Nel registro degli indagati restano così solo due persone: Joseph Picone, amico di Carillo Pesenti Pigna, e il legale messinese (ma con residenza in Venezuela) Filippo Battaglia, procacciatore d'affari. I due vengono rinviati a giudizio e sono ora alla sbarra con l'accusa di truffa al processo che si sta celebrando davanti al giudice Federica Gaudino.

Nel frattempo è in corso anche una causa civile tra la Pigna e Giorgio Paglia, che s'era dimesso dalla carica di amministratore delegato dell'azienda. Il cda delle cartiere pretende un risarcimento da Paglia per i 4 milioni e 400 euro persi nel presunto affare venezuelano, mentre Paglia, che s'è visto porre sotto sequestro beni e conti, pretende dalle Cartiere 10 milioni di euro per il danno d'immagine subìto a causa della vicenda giudiziaria.

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