Livigno: un quarto d'ora
da incubo sotto la slavina

«Stavamo per imboccare l’ultimo tornante prima del passo del Foscagno, all’improvviso abbiamo sentito un boato e siamo stati travolti e seppelliti dalla neve, che ha spostato la nostra auto verso il bordo della strada. Siamo vivi per miracolo, dopo quindici minuti di incubo trascorsi nell’abitacolo, nel timore che il guardrail cedesse e fino a quando siamo riusciti a liberarci».

Quello di quest’anno è stato un Natale che la famiglia Bellini di Sarnico non dimenticherà più. Papà Lorenzo, 45 anni, la moglie Nicoletta Savoldi, un anno più giovane, entrambi dipendenti di una ditta di guarnizioni di Villongo, e il figlio Ezio, studente da poco diciottenne, hanno rischiato di morire sotto una slavina, imprigionati nell’abitacolo della loro Toyota Rav4.

«E pensare che avevo fatto montare le gomme da neve e che eravamo su un fuoristrada - spiega Lorenzo Bellini -: forse con l’altra auto le cose sarebbero andate molto peggio». Per la famiglia bergamasca l’incubo si è concretizzato poco dopo mezzogiorno del giorno di Natale. «Da lunedì eravamo in vacanza all’hotel Nazionale di Bormio e a Natale avevamo deciso di fare un giro a Livigno: un viaggio di circa 35 chilometri - prosegue Bellini -. Al pomeriggio ci siamo di nuovo messi in macchina per tornare a Bormio, visto che avevamo una prenotazione alle terme».

Arrivati al passo del Foscagno, sulla statale 301 che collega appunto Livigno con Bormio, a un’altitudine di quasi 2.300 metri, dalla montagna si è staccata una slavina che ha invaso la carreggiata proprio nel punto in cui stava passando la Toyota della famiglia di Sarnico. «All’improvviso la macchina ha iniziato a spostarsi verso il lato sinistro: la neve ci ha sollevato e ci ha spinto di lato. E velocemente ci ha coperto, imprigionandoci nella macchina».

Sono stati attimi di grande panico: Nicoletta Savoldi ha anche battuto la testa nell’abitacolo. «Anche per questo mia moglie era un po’ sotto choc. Io e mio figlio siamo riusciti a restare per fortuna lucidi - prosegue il racconto -: la neve aveva rotto il lunotto posteriore. Io ho subito telefonato al 113 e dalla questura di Sondrio ci sono arrivate parole rassicuranti. Sono stati davvero molto gentili, così come tutte le altre persone che hanno partecipato ai soccorsi. Ci hanno detto di stare tranquilli, che a breve sarebbero arrivati i soccorsi».

In una situazione del genere, però, i minuti sembrano interminabili. «Così abbiamo provato a far scendere di un pezzetto il finestrino e l’impianto elettrico era ancora funzionante: mio figlio è venuto al mio posto, ha scavato un po’ con le mani nella neve ed è riuscito a uscire dall’abitacolo, prima con la testa, poi con tutto il corpo. In quei concitati momenti si è anche ferito leggermente le mani con i vetri del finestrino. Subito dopo ha recuperato anche mia moglie e alla fine sono uscito anche io. Pochi minuti dopo sono arrivati i vigili del fuoco volontari. Davanti a noi c’era un camper, che per fortuna non è rimasto a sua volta travolto dalla slavina. In pochi minuti abbiamo raggiunto le auto che ci seguivano e che si erano fermate proprio per la slavina. Una volta fuori dall’abitacolo ci siamo resi conto del rischio che avevamo corso: oltre il guardrail che aveva bloccato l’auto c’era infatti un precipizio senza alberi e con parecchie rocce. Mia moglie è stata portata in ospedale e visitata per la botta in testa».

A quel punto la famiglia è rimasta bloccata senza auto al passo del Foscagno, dove ha trascorso la nottata tra Natale e Santo Stefano ospiti di un albergo. «Il giorno dopo ci ha raggiunto un conoscente - racconta ancora Bellini -, che ci ha accompagnato a Isolaccia, dove era stata portata la nostra auto, ormai da buttare via, e poi all’albergo di Bormio, dove sono stati molto gentili con noi».

La famiglia sarebbe dovuta restare a Bormio fino a domenica, ma ha preferito anticipare il rientro a casa, anche per dimenticare prima possibile la disavventura. «Quello che più ci ha amareggiato è stato il fatto che sulla strada non fossero presenti cartelli che segnalassero il pericolo di slavine – spiega Bellini –: eppure la gente del posto, dopo aver saputo di quello che ci era accaduto, ci ha detto che la notte prima aveva piovuto parecchio e che, a causa dell’acqua e dell’aumento delle temperature, si sarebbero potute prevedere slavine. Invece, oltre ai cartelli che invitavano a montare le gomme da neve o le catene, non era segnalato nessun pericolo di slavine. Anche a Santo Stefano ho notato che non erano stati collocati cartelli di pericolo e che c’era un grande viavai di auto al passo. Tra l’altro i soccorritori ci hanno riferito che gran parte della neve si era per fortuna fermata in una conca a monte della strada. Altrimenti non saremmo qui a raccontare questa brutta storia di Natale».
 Fabio Conti

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