Pigna, per l'«affare Venezuela»
Paglia condannato, ma non da solo

È arrivata la sentenza civile di primo grado del cosiddetto «affare Venezuela», che vedeva contrapposti davanti al collegio del Tribunale di Bergamo presieduto dal giudice Ezio Siniscalchi (relatrice Lucia Giraldi) da una parte la Cartiere Paolo Pigna Spa, e dall'altro l'ex amministratore delegato della società Giorgio Paglia. È arrivata dopo quasi cinque anni di analisi, ricostruzioni e testimonianze.

I giudici, nel dispositivo, danno ragione all'azienda di Alzano, stabilendo un risarcimento in suo favore di cinque milioni e 416 mila euro, ma segnano anche due punti a favore di Giorgio Paglia. A lui infatti viene riconosciuto il pagamento, da parte della cartiera, della cifra di un milione e 450 mila euro, come compenso per il suo operato nella cessione della centrale idroelettrica della Pigna a una società francese.

In più, accogliendo una tesi sollevata dai difensori di Paglia, gli avvocati Alfredo Zampogna di Milano e Riccardo Olivati, i giudici hanno anche condannato al risarcimento del danno Carillo Pesenti Pigna, i tre amministratori dell'epoca della società, e cioè Giorgio Jannone, Giorgio Berta ed Enrico Felli, e i tre sindaci dell'epoca della società, Franco Tentorio, Gio Battista Luiselli e Massimo Monzani: il primo dovrà pagare 433 mila euro, mentre gli altri sei 288 mila euro ciascuno.

Tecnicamente quindi, salvo ricorso contro la sentenza e diverse decisioni, Paglia si troverà a pagare alla Cartiere Paolo Pigna la cifra disposta dai giudici (detratto però il milione e 450 mila euro che la società gli deve), salvo poi ottenere dagli altri sette condannati le cifre stabilite dal Collegio. 

A dare origine alla vicenda giudiziaria in sede civile era stato nel 2005 Giorgio Jannone, assistito dall'avvocato Vittorio Dotti, nella sua qualità di presidente delle Cartiere, dopo che anche i sindaci avevano segnalato qualcosa di anomalo nella contabilità in seguito all'ormai famigerato «affare Venezuela»: un affare che, inizialmente, sembrava prospettare per la cartiera una maxi fornitura di materiale scolastico per il Venezuela.

Fornitura che, stimata inizialmente sui trenta milioni di valore, alla fine era risultata essere una vera e propria truffa ai danni della Pigna (la condanna in sede penale dei due presunti organizzatori, Joseph Picone e l'avvocato Filippo Battaglia, con risarcimento in favore della Pigna, è di soli due mesi fa).

Di questo il consiglio di amministrazione aveva ritenuto responsabile proprio Giorgio Paglia, citandolo in sede civile (in sede penale l'accusa era stata invece archiviata su istanza dello stesso pm Angelo Tibaldi, anche se ora l'indagine è stata riaperta in seguito alla trasmissione degli atti alla Procura dopo la sentenza penale) e facendone sequestrare tutti i beni.

Paglia dal canto suo aveva respinto ogni addebito, proprio come fatto in sede penale, sostenendo di aver agito in buona fede e si essere stato a sua volta raggirato: in questo senso aveva anche sostenuto che eventualmente tutto il consiglio di amministrazione sarebbe stato responsabile in solido del danno alla società. Tesi che i giudici sembrerebbero aver accolto almeno in parte.

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