Un progetto educativo parrocchiale per l’iniziazione cristiana dei ragazzi

All’assemblea del clero, svoltasi alla Casa del giovane, il vescovo Roberto Amadei ha parlato delle linee del programma pastorale diocesano 2003-2004

«La nostra iniziazione cristiana dei ragazzi non inizia più. Serve un progetto educativo parrocchiale con tappe e obiettivi, perché l’iniziazione cristiana è un processo globale che richiede l’apporto di ogni credente». All’assemblea del clero svoltasi alla Casa del giovane, il vescovo Roberto Amadei ha parlato delle linee del programma pastorale diocesano 2003-2004, sul tema dell’iniziazione cristiana di ragazzi e preadolescenti fino ai quattordici anni di età. Oltre al vescovo ausiliare Lino Belotti, erano presenti oltre trecento preti bergamaschi.

«Più che sul cosa fare - ha esordito il vescovo nel suo intervento - il programma pastorale vuole invitare le parrocchie a riflettere sull’iniziazione cristiana. È un problema nodale per le nostre comunità. Invece che momento di responsabilità di fede, il dopo-Cresima scivola nell’abbandono della pratica religiosa. Cresce l’analfabetismo religioso nei ragazzi, attratti da modelli di vita lontani da quelli che noi presentiamo». La causa principale sta «nella scomparsa del catecumenato sociale. Fino a tempi recenti, l’ambiente familiare e sociale trasmetteva la fede e la visione cristiana della vita. Erano elementi discretamente interiorizzati dai ragazzi, che vivevano il cristianesimo ancora prima di impararlo in parrocchia».

Riprendendo anche una recente inchiesta sociologica, monsignor Amadei ha parlato di altre cause della crisi. Il processo di secolarizzazione, la fragilità della morale, il pluralismo religioso, il messaggio implicito di tanti genitori che, pur chiedendo i Sacramenti per i figli, non testimoniano la fede e non frequentano la Chiesa, l’assenza di esperienza religiosa in tanti luoghi di vita dei ragazzi, l’assenza nei ragazzi del comunicarsi l’esperienza religiosa.

Il vescovo ha invitato a non cercare capri espiatori. «L’inefficacia dell’attuale modello non va attribuita ai catechisti, a quali si dovrebbe erigere un monumento per l’impegno, e nemmeno principalmente all’indifferenza dei genitori. La radice ultima sta nei cambiamenti avvenuti e nella difficoltà della Chiesa a inculturare un processo culturale in atto di cui non si prevede l’epilogo».

«Soggetto dell’iniziazione cristiana - ha proseguito il vescovo - è l’intera comunità, non una delega a preti, catechisti, genitori e movimenti. Il Consiglio Pastorale parrocchiale è la sede privilegiata di riflessione e verifica. Bisogna impegnarsi per una formazione globale del credente, attraverso liturgia, preghiera, Sacramenti, carità. Nelle parrocchie, serve un progetto educativo con tappe e obiettivi, dove ogni membro si fa carico dell’iniziazione cristiana dei ragazzi. Servono itinerari differenziati per fasce di età, evidenziando che l’iniziazione cristiana è pensata per il ragazzo, non il contrario. Bisogna coinvolgere i genitori, pensando ai loro disagi, difficoltà e ritmi di vita».

«In questa epoca di transizione - ha concluso il vescovo - siamo chiamati a seminare. Il frutto vero non sarà bloccare le partenze dei ragazzi, ma costruire il volto della comunità cristiana».

(11/06/2003)

Su L’ECO DI BERGAMO del 12/06/2003

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