Turisti abbandonati a se stessi
Nel weekend chiuse molte porte

Lo chiamano turismo «mordi e fuggi». Ma se fosse solo «fuggi» non ci sarebbe niente da stupirsi. Quasi che non li volessimo tutti questi benedetti viaggiatori che «sanryanair» sbarca a Orio e che noi dovremmo accogliere con un tappeto rosso, coccolare, quasi prendere per mano e accompagnare alla scoperta di una città che sembra fatta apposta per lasciare a bocca aperta quanti la visitano per la prima volta.

Invece, pur con qualche progresso rispetto agli anni passati, sembriamo ancora fermi a una sorta di paleoturismo fatto di un grande patrimonio, ma di una scarsissima valorizzazione. Non ci credete? Fate come noi allora. Prendete una bella giornata di sole, magari come quella di sabato scorso un po' freddina ma l'ideale per una bella passeggiata, dimenticatevi di vivere a Bergamo e per qualche ora calatevi nei panni del turista fai da te.

Già, turista fai da te: «Ahi ahi ahi» verrebbe subito da rimproverarsi prendendo spunto dalla vecchia pubblicità. Perché appena lasciata l'auto alla stazione, dove la piccola vacanza casalinga ha inizio, ecco il primo intoppo. E che intoppo. Assieme a due norvegesi allibiti, ci troviamo di fronte alla saracinesca dell'ufficio Iat (Informazione e accoglienza turistica) rigorosamente abbassata: chiuso il sabato e chiuso pure la domenica, ovvero nei giorni in cui, almeno sulla carta, l'afflusso dovrebbe essere maggiore.

«Prego rivolgersi allo sportello di Città Alta», recita un cartello. Si parte alla cieca, insomma: zero informazioni, unica consolazione l'autobus (1 e 1A) la cui frequenza è piuttosto buona, una corsa ogni dieci minuti. Noi ci fidiamo e aspettiamo. I norvegesi già piuttosto nervosi preferiscono, invece, affidarsi alle proprie gambe e proseguire a piedi. «Bye bye and good luck». Arrivederci e buona fortuna. Ne avranno bisogno.

Perché una volta giunti nel centro storico - un punto a favore dell'autobus che non sgarra di un minuto - le sorprese non mancheranno. Ah, che bello Colle Aperto, che belle la Marianna e la valletta sottostante. Un caffé (buono e a un prezzo normale) e potremmo quasi dimenticarci della falsa partenza andando a visitare la vicinissima casa natale del Donizetti in Borgo Canale.

Potremmo? Massì perché no: in fondo siamo o non siamo nella città di uno dei musicisti più noti al mondo e poi non è forse appena stata restaurata e inaugurata in pompa magna questa dimora? Lo scorso settembre c'erano il sindaco, gli assessori, i musicologi, gli appassionati delle arie del grande compositore, tutti lì a fare dei bellissimi discorsi e ad apprezzare il bel lavoro svolto.

Oggi no: non solo non ci sono né sindaco, né assessori, ma non c'è nemmeno l'ombra di un custode a garantire l'apertura promessa nei weekend. Chiusa, sbarrata la casa natale con una bella targa dorata su cui però non c'è nemmeno mezza indicazione riguardante la possibilità di accedervi. E allora? Allora andiamo allo Iat, quello aperto naturalmente, e chiediamo spiegazioni.

Loro, le due «iattine», una mora e una bionda, davvero carine e gentili, ti dicono che no, che a loro l'apertura risulta proprio al sabato e alla domenica (dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18) e nei feriali su prenotazione. Così non ci diamo per vinti. Ci riproviamo, ma prima passiamo al museo donizettiano, chissà che non ne sappiano qualcosa di più. Qualcosa di più in effetti lo sanno e dall'agenda ecco spuntare un numero di telefono a cui rivolgersi per avere tutte le informazioni del caso (035.244483), peccato però che, almeno oggi, suoni costantemente a vuoto: tuuu, tuuu, tuuu. Non è certo questa la musica che volevamo ascoltare.

Eppure la città offre tanto, anche a chi tutto sommato, già la conosce. Proprio a due passi puntando su qualcosa di diverso, ma in un certo senso inedito, c'è la cannoniera di San Giovanni inaugurata lo scorso autunno grazie ai lavori generosamente offerti dalla famiglia Pandini. Un altro grande monumento, un'altra piccola delusione, perché anche qui l'ingresso è rigorosamente sbarrato e allo Iat spiegano che per visitarlo «bisognerà attendere almeno Pasqua».

Per il momento dobbiamo consolarci con ciò che resta. Che, dal punto di vista storico artistico non è sicuramente poco - basti ricordare il Museo storico o quello archeologico, il Duomo e la Basilica -, ma sul piano dell'organizzazione non dà comunque la sensazione di un'accoglienza accorta e al passo coi tempi. Non esiste, ad esempio, la possibilità di organizzare una visita guidata se non prenotandola in anticipo (il consiglio è di rivolgersi a gruppi di guide o comunque consultare il sito di Turismo Bergamo), nessuna audioguida (a parte Santa Maria Maggiore) e nessuna segnaletica coerente e omogenea con il turismo moderno.

Ci accontentiamo così di una pizza non proprio a buon mercato (16,50 euro per una romana, una media bionda e un caffè) e di una fantastica vista dalla torre civica, il famoso Campanone, anche lui più o meno fresco di restauro. Così ecco finalmente qualcosa di interessante. Non solo a livello panoramico. Un biglietto cumulativo che, al costo di 5 euro, consente di visitare, oltre al Campanone, il Museo storico, la Rocca, il Museo donizettiano e la Torre dei caduti. Ha validità un anno. Che dire, è davvero l'ideale per fidelizzare i turisti «mordi e fuggi». O almeno quelli che non scappano davanti alle porte chiuse.
 Emanuele Falchetti

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