La vedova dell'agente D'Andrea
«Lo Stato non può fare sconti»

«Non condivido la scelta di far uscire dal carcere un personaggio come lui: ancora una volta si ha l'impressione che chi compie crimini gravi alla fine riesca a non pagare fino in fondo i propri debiti, mentre invece i familiari delle vittime ogni giorno continuano a "pagare", con il vuoto lasciato dai loro cari uccisi, le conseguenze di quelle azioni».

Sono parole di Gabriella Vitali D'Andrea, la moglie dell'agente della polizia stradale di Seriate Luigi D'Andrea che nel 1977 fu ucciso insieme al collega Renato Barborini dalla banda di Renato Vallanzasca al casello autostradale di Dalmine.

Dopo aver appreso che a Vallanzasca è stato concesso di uscire ogni giorno dal carcere di Bollate per recarsi al lavoro, Gabriella D'Andrea ha voluto esprimere il suo disagio: «Lo sto dicendo ormai da 33 anni - spiega - a prescindere dal mio caso personale: di fronte a certi episodi tragici della nostra storia lo Stato non può fare sconti, altrimenti trasmette un messaggio sbagliato alle nuove generazioni, oltre che mancare di rispetto ai familiari delle vittime. Io il mio "ergastolo" lo sto scontando da quel 6 febbraio 1977, quando a 28 anni restai senza mio marito, un punto di riferimento indispensabile per me e le nostre figlie, che allora avevano 6 e 3 anni».

Il dramma che ha sconvolto la vita delle famiglie D'Andrea e Barborini avviene la mattina del 6 febbraio '77, domenica. Sono le 9,50 e alla centrale operativa della Polstrada di Seriate viene segnalata da una pattuglia una Fiat 132 con tre persone a bordo che procede a tutta velocità sulla A4 in direzione di Brescia. Vengono allertate due pattuglie che si trovano al casello di Dalmine: una, composta da Luigi D'Andrea e Renato Barborini, si posiziona in prossimità dello svincolo di uscita da Milano, l'altra una cinquantina di metri dopo verso Brescia.

D'Andrea e Barborini intimano l'alt alla Fiat 132 che rallenta e si ferma. A bordo c'è Vallanzasca. In due scendono dalla 132 e aprono il fuoco sugli agenti uccidendoli. La seconda pattuglia risponde al fuoco: uno dei tre occupanti dell'auto, Antonio Furiato, cade colpito a morte, mentre Vallanzasca, ferito, riesce a fuggire col terzo complice.

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