Per una maxi-evasione fiscale
nei guai una società di Mozzo

Ci sono 53 imprenditori, una ventina dei quali milanesi, 15 commercialisti e un avvocato tra le 80 persone indagate, 70 delle quali perquisite mercoledì mattina, nell'operazione del nucleo di polizia tributaria del capoluogo lombardo nata dallo stralcio dell'inchiesta sulla bonifica dell'ex area industriale meneghina di "Montecity-Santa Giulia".

Un'operazione, coordinata sempre dai Pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, che ha svelato un evasione fiscale che supera abbondantemente i 100 milioni di euro e in cui è coinvolta anche una società di Mozzo. Al centro dell'indagine c'è di nuovo la Brook & K Europe, la società londinese "priva di effettiva operatività e intestata a un prestanome inglese" sul cui conto, secondo i magistrati che si occupano dell'inchiesta Montecity, sarebbero transitati, tra il 2004 e il 2008, 840mila euro provento delle false fatturazioni della Sadi Spa dell'allora ad Giuseppe Grossi.

Gli amministratori di fatto della società inglese, sempre secondo i finanzieri, sarebbero stati Vincenzo Agosta e Matteo Terragni, consulenti della fiduciaria Getraco di Lugano che gestirebbe la Brook & K Europe. E proprio alla Getraco si rivolgevano i commercialisti e l'avvocato per far abbattere la base imponibile e creare "provviste" (fondi neri) all'estero degli imprenditori loro clienti. La fiduciaria, attraverso una serie di società create ad hoc (oltre a quella londinese, ce ne sono in Olanda, Austria e in alcuni "paradisi fiscali"), faceva emettere fatture fittizie per svariati servizi di consulenza in realtà mai forniti o di valore di molto inferiore all'importo fatturato. Le fatture venivano pagate tramite bonifico bancario e il denaro veniva poi "retrocesso" agli imprenditori su conti cifrati in istituti bancari esteri.

Si tratta di imprenditori titolari di aziende di piccole e medie dimensione operanti nei settori commerciali più disparati: "nessun nome eclatante - spiega un investigatore delle fiamme gialle - e il merito di questa inchiesta è proprio svelare come sia purtroppo diffuso tra gli imprenditori il ricorso all'evasione fiscale e alla creazione di fondi neri". Un quadro inquietante che vede indistintamente coinvolti professionisti e titolari di società lombarde, venete, emiliane e campane con fatturati che oscillano dai 4 ai 10 milioni di euro l'anno, tutti impegnati, a vario titolo e sempre secondo l'accusa, alla dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false, dichiarazione infedele, emissione di fatture false e riciclaggio.

Ma non solo. "La tecnica utilizzata era particolarmente insidiosa e sarebbe sfuggita all'ordinaria attività di controllo svolta dagli organi preposti e che è emersa solo grazie all'attività investigativa, anche attraverso rogatorie internazionali su Montecity" spiega l'investigatore, che sottolinea che dai primi controlli sono emerse singole operazioni che andavano da qualche centinaio di migliaio di euro fino a due milioni. Oltre alle fatture per operazioni inesistenti, un'altra tecnica studiata dalla fiduciaria di Lugano era quella di far risultare inadempiente a fronte di una consulenza fornita l'imprenditore italiano, che quindi risolveva il contratto con una penale. Denaro che anche in questo caso (decurtato del 10% parte del quale riconosciuto ai professionisti che avevano fatto da intermediari) veniva poi rigirato agli imprenditori sempre su conti cifrati in Paesi in cui vige il segreto bancario.

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