Bossi: «Alle urne in massa
Qui faremo il pieno di voti»

Niente piazza Vittorio Veneto giovedì sera. La pioggia ha indotto i lumbard a girare al largo del centro, approdando alla Fiera nuova, che diventa così per il terzo anno consecutivo sede di chiusura della campagna elettorale. Un contesto meno poetico, certo. Ma per il popolo leghista va pure meglio.

Il perché lo dicono prima il segretario provinciale Cristian Invernizzi e poi quello nazionale Giancarlo Giorgetti. E alla fine lo dice pure lui, il «capo». «Qui porta bene», attacca Umberto Bossi picchiando il pugno sul banco. «Perché nel 2008 con le politiche e nel 2009 con le provinciali abbiamo chiuso qui. Ed è stato un successo. Provare a negarlo».

A un passo annuisce Ettore Pirovano, presidente della Provincia cui in questa sala è stata lanciata la volata, e i parlamentari eletti l'anno prima. Annuiscono ora i candidati alle regionali, tutti e sette schierati, e quelli alle comunali piazzati fra il pubblico. In un tripudio di scaramanzia, applaudono i militanti, avvezzi ormai all'arte dello sventolare i bandieroni stretti fra una fila di poltroncine e l'altra. Erano almeno un migliaio.

Bossi arriva e subito mette in chiaro: «Questo deve essere un voto in massa. Mettete tutti la croce sul simbolo del guerriero». Sorpasso sul Pdl sì, sorpasso no. Giorgetti poco prima aveva detto che «gli unici nostri veri avversari sono quelli che hanno deciso che a votare non ci andranno». Dentro al calderone le tensioni da campagna elettorale e il pasticcio delle liste.

Pirovano ha anche fatto riferimento ad «altre vicende», quelle degli scandali e delle escort: «Ma la Lega è fuori da questa mischia. Ricordatelo». Nelle parole successive di Bossi il riferimento al derby con gli alleati c'è, anche se il senatur la prende alla larga: «La Lega è e sarà determinante. Prenderemo una marea di voti in Lombardia, in Veneto, in Piemonte».

Commentando l'avvicinarsi del voto, non aveva nascosto l'idea del colpo gobbo. «Al Nord superare il Pdl non sarebbe così strano - aveva detto -. Anzi. Sarebbe abbastanza logico». Il premier Silvio Berlusconi, e con lui il candidato alla presidenza lombarda Roberto Formigoni, aveva rimandato l'ipotesi al mittente.

Ma al ministro Ignazio La Russa che giovedì pomeriggio andava dicendo d'esser pronto a mangiarsi «un asino vivo» nel caso l'eventualità si concretizzasse, il leader leghista ha replicato: «Non so cosa intenda». Scherzando poi con una pernacchia. Succedeva a Milano, dove ha anche rivendicato per il Carroccio il prossimo sindaco della città.

Un paio d'ore dopo, a Bergamo, Bossi è tornato sulla faccenda, limitandosi a ricordare «il peso della Lega» e ribadendo ancora una volta l'autonomia del partito: «Facciamo le alleanze perché ci servono i voti per l'applicazione del federalismo fiscale. Che è anche il fatto di ridare agli enti locali i beni statali, del demanio, per essere padroni a casa nostra. Perché la Lega mantiene la parola, è capace di trascinarli, gli alleati».

Mantenere la parola, però, «è una cosa che devono fare anche loro. E a Formigoni l'ho detto chiaro». Il voto sul simbolo del Carroccio, ha aggiunto, «è un voto per la difesa della famiglia, quella naturale, per il "no" all'immigrazione clandestina e per i posti di lavoro. È un voto per non tornare indietro». E «non fidatevi dei sondaggi. Alle elezioni manca poco, dobbiamo continuare a lavorare».

Al Nord i lumbard metteranno la freccia sugli alleati? Certo è che in terra orobica la voglia di ingrassare le fila al Pirellone non l'hanno mai celata: in base ai risultati delle elezioni provinciali 2009 per il partito il passaggio dai due attuali scranni a tre sarebbe una realtà. Che questo poi si concretizzi scippando una delle poltrone (tre, oggi) al Pdl, è da vedere.
 Anna Gandolfi

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