«Quella comunità è una setta»
L'atto di accusa è di un pontirolese

All'inizio degli Anni Novanta ha contribuito a fondare una comunità per tossicodipendenti in provincia di Brescia e oggi, a distanza di quasi vent'anni, è diventato il principale accusatore di quella stessa associazione e dell'altra fondatrice, la donna che è stata anche la sua compagna e dalla quale ha avuto un figlio. «Che però non vedo da 16 anni, perché mi viene impedito», spiega. Michelangelo Inverardi ha 46 anni ed è di Pontirolo Nuovo.

Le sue accuse sono molto pesanti e, va subito detto, ancora tutte da provare. Ma sulla base del suo racconto e di quello di altri ex ospiti dell'«Associazione Sergio Minelli» di Prevalle, la procura di Brescia ha già chiuso un'inchiesta sull'attività della comunità: l'ex compagna di Inverardi, Fiorella Tersilia Tanghetti, e altri 17 suoi collaboratori, sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati contro il patrimonio e maltrattamenti. Chiuse le indagini, il pm bresciano Alberto Rossi si appresta a chiedere il rinvio a giudizio.

Di quello che accadeva, secondo Inverardi e gli altri accusatori, all'interno della comunità bresciana, ne hanno parlato «Panorama», con un'inchiesta di Carmelo Abbate, e il programma «Mi manda Raitre», dove il pontirolese è stato anche ospite in studio. La comunità, per voce dei suoi legali, respinge ogni addebito e ha già depositato in Procura a Brescia una propria memoria. Gli accusatori, appunto ex ospiti della comunità, ieri mattina si sono presentati davanti al palazzo di giustizia di Brescia per chiedere tempi stretti per il processo a carico delle persone che avrebbero rovinato loro la vita e che avrebbero trasformato, a loro dire, l'associazione in una setta spietata.

«Tutto è cominciato all'inizio degli Anni Novanta – racconta Michelangelo Inverardi –, quando ho conosciuto Fiorella Tersilia Tanghetti. Assieme a lei ho fondato, a Caino, in provincia di Brescia, l'associazione "Casa del pellegrino". Avendo avuto anch'io in passato problemi di tossicodipendenza, volevo fare qualcosa di concreto per aiutare le persone che erano finite nello stesso tunnel a uscirne. All'inizio tutto è andato bene, tant'è che ho fondato anche l'associazione Sergio Minelli, un ragazzo che mi è morto tra le braccia e che si era impegnato tanto da meritarsi l'intitolazione della comunità. Gli ospiti sono passati da 15 a 60 e, contestualmente, era nato anche un gruppo di preghiera guidato dalla Tanghetti».

A un certo punto, però, la situazione – secondo Inverardi – ha iniziato a degenerare: «Gli ospiti della comunità lavoravano in diversi settori e, secondo me, era giusto che venisse versato loro uno stipendio. Invece questo non accadeva: vedevo passare tanti soldi. Evidentemente cominciavo a dar fastidio, tant'è vero che la mia ex compagna mi ha fatto picchiare davanti a tutti da 7 persone, poi mi hanno anche tenuto segregato per 40 giorni: era il 1994. Alla fine mi hanno fatto firmare una ventina di fogli in bianco, in quanto ero anche il tesoriere della comunità, e mi hanno lasciato andare».

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