Dauda non entra in discoteca
Il gestore: il razzismo non c'entra

È una storia fatta di accuse di razzismo, con querele annunciate per diffamazione. È la storia di un calciatore dilettante di vent'anni, originario della Sierra Leone, al quale non è stato consentito l'accesso a un locale pubblico. Si chiama Dauda Mansaray (cugino dell'ex atalantino Conteh) e gioca con la Pontirolese: doveva partecipare alla festa salvezza quando coi compagni s'è presentato a mezzanotte circa all'ingresso della discoteca Smalto di Curno, dove c'era un tavolo prenotato per la squadra.

Ma Mansaray è stato bloccato da una p.r.: «Perché – spiega l'allenatore della squadra Davide Coffetti - a suo dire aveva un abbigliamento non adatto alla serata (una t-shirt)». L'allenatore l'ha portato così a casa sua e gli ha fatto indossare una polo Burberry.

Ma - alle 0 e 50 secondo la versione della Pontirolese, oltre le 2 di notte secondo i gestori - nemmeno al secondo tentativo, a Mansaray è stato  consentito di mettere piede nel locale. «Un addetto – continua mister Coffetti – ci ha fatto presente che era troppo tardi». Ma mentre i due entravano di nuovo in auto hanno visto che «entravano tutti, e non importava cosa avessero addosso». «Il problema non era la maglietta ma il colore della mia pelle», ha detto Dauda al suo allenatore.

Per l'abbigliamento adeguato, spiega il proprietario del locale, Alberto Gamba, «ci sono precise indicazioni anche sul nostro sito internet». E, a proposito dell'orario, aggiunge: «Abbiamo regole interne molto rigide su numero d'ingressi e orari: dopo le 2 non si entra. Chi lo ha fatto era già entrato in precedenza, e aveva un regolare timbro di rientro».

«Quanto all'accusa di razzismo - aggiunge Gamba, precisando che chi ha montato il caso ne risponderà nelle sedi opportune - per noi parlano sedici anni di attività senza un problema, e un personale in cui annoveriamo più di un ragazzo di colore».

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