Venerdì il sito non sarà aggiornato
Sciopero dei giornalisti «per cambiare»

Per lo sciopero dei giornalisti, proclamato dalla Federazione nazionale della stampa contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, anche il sito de L'Eco di Bergamo nella giornata di venerdì 9 luglio non sarà aggiornato.

Nell'articolo del nostro direttore Ettore Ongis - pubblicato sull'edizione dell'8 luglio - sono spiegati tutti i motivi della proclamazione dello sciopero che ha portato il nostro giornale a non essere in edicola oggi. Eccolo.


Giornali, uno sciopero per cambiare
Venerdì 9 luglio il nostro giornale non sarà in edicola per lo sciopero proclamato dalla Federazione nazionale della stampa contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Una legge maldestra, portata avanti e gestita nel modo meno politicamente opportuno dal governo Berlusconi, al grido di «siamo tutti intercettati».

Ne è seguito un muro contro muro con il Quirinale, con l'opposizione, con la magistratura e con la grande stampa. L'auspicio nostro è che si possa soprassedere a questa nuova normativa e rinviare il tutto a tempi più sereni, in modo da stemperare gli eccessi e arrivare ad un punto di corretto equilibrio fra i diritti dei singoli e quelli della giustizia.

Curiosamente, nella tenzone, è il centrodestra (con l'eccezione di Fini, sistematicamente contro ogni presa di posizione del premier) ad innalzare, con evidenti interessi privati, la bandiera del garantismo e della tutela della privacy del cittadino, mentre il centrosinistra sembra appiattito su una posizione giustizialista, trainata dal «partito di Repubblica», che ha bollato la normativa in discussione come «legge bavaglio» e ha dato fiato a una martellante campagna in nome della libertà di essere informati. Alla quale, paradosso dei paradossi, hanno aderito i giornali di Berlusconi. Una paginata di intercettazioni può sempre far comodo.

Da una parte e dall'altra si sprecano retorica e populismo. Che, lo diciamo con amarezza parlando della categoria dei giornalisti, l'hanno fatta da padroni anche nelle motivazioni dello sciopero di venerdì. Uno sciopero in cui si mischiano nobili intenzioni a posizioni di schieramento politico.

Non si poteva fare qualcosa di meglio a beneficio dell'informazione verso i lettori? Quel che è certo è che il disegno di legge Alfano in molti punti appare seriamente controverso e va indubbiamente modificato; ma altrettanto certo è che l'abuso di intercettazioni e la loro pubblicazione, se diventano metodo (pigro) di indagine e di «giornalismo facile», anziché eccezioni, possono avere un effetto devastante sulla vita privata dei cittadini e sulle loro garanzie costituzionali. Lo abbiamo già visto in numerose inchieste.

Violentare la privacy, come è stato fatto troppe volte negli ultimi anni dal circuito mediatico-giudiziario, confondendo reato e peccato o mettendo in piazza le miserie dei singoli, ma anche vicende penalmente irrilevanti, porterà – ha già portato - a un imbarbarimento del vivere civile.

La nostra tradizione e la nostra cultura ci impediscono di inseguire questa deriva. Anche il nostro giornale ha avuto in mano intercettazioni che avrebbero potuto far rumore a Bergamo, ma quei documenti non sono mai stati pubblicati, per senso di responsabilità e per fiducia nella magistratura, che infatti ha portato a termine le sue inchieste nel modo più corretto possibile, senza la pressione di una stampa schierata o asservita ad interessi economici e politici.

Altri giornali, a livello nazionale, hanno scelto diversamente. Venerdì alcuni di loro, pur contrari alla «legge bavaglio», saranno in edicola. Siamo sicuri che fra questi ci sia anche chi ha la coscienza a posto? Per noi, giornale di provincia, dopo la beffa anche il danno. Ma, per quanto modesti, non ci inchiniamo né a una maggioranza di governo che colpisce indiscriminatamente tutta la stampa, né ai tribuni che ergendosi a vestali della pubblica opinione pretendono una libertà senza limiti di indagare e di pubblicare, calpestando la dignità delle persone: una libertà senza responsabilità. All'estero, in tutti i Paesi moderni, una simile licenza sarebbe semplicemente inconcepibile. Cioè, un arbitrio.

Venerdì non usciamo: la maggioranza dei giornalisti de «L'Eco» ha scelto così. È un loro diritto e lo rispetto. Ma mi spiace, tanto più in questa fase nevralgica, dover sospendere per un giorno la nostra battaglia di lealtà verso i lettori. Noi non vogliamo speculare (con le copie, con l'audience) sulle vite degli altri. Ci basta la libertà di informare nel modo più rispettoso possibile. Un giorno passa in fretta, sabato riprenderemo.

Ettore Ongis

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