Cornabusa, via ai festeggiamenti
per i 500 anni del santuario

La veste ricamata da santa Geltrude Comensoli, fondatrice delle suore Sacramentine, verrà tolta dalla teca che la conserva nel museo della Casa del Pellegrino, a Cepino di S. Omobono in Valle Imagna, a pochi passi dal santuario della Cornabusa. Di seta bianca e con due sole aperture asimmetriche vestirà la statua di Maria in occasione del quinto centenario del santuario scavato nella roccia.

La celebrazione della «Vestizione» è in programma venerdì sera, dopo la preghiera dei Sette dolori di Maria, appuntamento che sta scandendo dall'inizio della settimana le funzioni alla Cornabusa.

Un simbolo, la veste, scelto per dare più solennità a una festa tanto sentita dai valdimagnini, ma che quest'anno vuole ricordare anche quel «placet» datato 4 febbraio 1510, con cui l'allora vescovo di Bergamo, Lorenzo Gabrieli, concedeva la celebrazione della Messa nella grotta ogni sabato e la domenica successiva alla festa della Natività della Vergine, che cade l'8 settembre.

Era il segno evidente che la grotta all'inizio del Cinquecento era già frequentata da fedeli che vi salivano per onorare la Vergine e che, a settembre, già allora celebravano la festa solenne.

La statuetta di legno di tiglio, rimasta per secoli prodigiosamente intatta in un ambiente quanto mai umido come la «corna buca», ha suggerito a don Alessandro Locatelli, da un anno parroco di Cepino e Selino Basso, un altro segno: «Quest'anno abbiamo dedicato le celebrazioni che portano alla solennità dell'Addolorata – spiega –, oltre che ai bambini e ai ragazzi, anche a tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, perché la statua della Madonna qui conservata simboleggia proprio il lavoro maschile, quello di scultore, ma anche quello delle donne che l'avranno rifinita e hanno preparato per l'effigie vesti e paramenti».

Per aiutare i pellegrini a pregare, di recente sono stati ultimati i lavori, lungo la strada tortuosa che porta al santuario. «L'idea è di rivalutare la mulattiera – dice il parroco –, sempre ben tenuta dagli alpini, ma che ha bisogno di essere valorizzata. La parte bassa del parcheggio è ora collegata alla parte alta della scorciatoia: se da lì si parte a piedi, si raggiunge prima il santuario».

© RIPRODUZIONE RISERVATA