Il direttore generale dei «Riuniti»:
Non tempestivo l'ok dei genitori

Il direttore generale degli Ospedali Riuniti, Carlo Bonometti, non accetta il linciaggio mediatico cui l'azienda ospedaliera è stata sottoposta per il caso della piccola Samanta. «Come padre e come uomo – dice – sono costernato per quanto accaduto alla famiglia Zekaj e partecipo con dolore e profonda commozione alla sua sofferenza, ma non posso tollerare che le responsabilità di tutto questo possano essere attribuite all'ospedale di Bergamo e ai suoi medici che, contrariamente a quanto si è detto per tutta la giornata di mercoledì 29 settembre, hanno agito secondo scienza e coscienza. Anche per questo ho già dato mandato ai legali dell'azienda perché tutelino in tutte le sedi competenti l'onorabilità dei Riuniti e dei suoi professionisti».

Inaccettabile, per Bonometti, anche l'accusa secondo cui due operatori si siano messi a litigare in sala parto sulla necessità o meno di sottoporre la donna al «cesareo», facendone dunque ritardare l'esecuzione. «A parte il fatto che in sala parto c'erano due medici, un uomo e una donna, e più di un'ostetrica – sottolinea il direttore generale dei Riuniti –, le verifiche incrociate hanno escluso che ci sia stato un litigio tra gli operatori presenti in quel momento. Quando il medico ha rilevato la sofferenza fetale, ha subito disposto il taglio cesareo, facendo approntare la sala operatoria. L'ostetrica che seguiva il caso si è limitata a dire che forse, visto che ormai il parto sembrava in dirittura d'arrivo, si poteva attendere il naturale corso delle cose, ma il medico è stato fermo nella propria decisione e tutto si è interrotto lì, senza discussioni, senza alterchi, senza litigi, senza porte che sono sbattute. L'intervento non è stato eseguito subito solamente perché i due genitori hanno temporeggiato nel dare il consenso, atto necessario per poter effettuare il "cesareo"».

Del resto, continua Bonometti, «le carte parlano chiaro: il percorso terapeutico cui la donna è stata sottoposta è stato condiviso da tutti gli operatori che se ne sono occupati. I tracciati del monitoraggio cui la signora è stata sottoposta sono chiarissimi: tutto è andato bene fino alle 20, poi è stata registrata la sofferenza fetale, sofferenza fetale scaturita dalla rottura dell'utero della signora Zakaj, una complicanza non usuale ma sempre temibile in travagli prolungati. L'utero non è stato danneggiato dai nostri medici, ma, al contrario, è stato prontamente ricucito e, quindi, conservato. Inoltre il monitoraggio non è stato fatto "a campione", ma "in continuo", cioè senza soste, e fino alle 20 non c'era alcuna indicazione che richiedesse il ricorso al taglio cesareo. Ben venga l'intervento della Commissione di indagine interna con il rappresentante della Regione e quello della magistratura che stabiliranno una volta per tutte come sono andate le cose».

Da qualche settimana Samanta è a casa con mamma e papà, ma per sette mesi è stata ricoverata dapprima alla Patologia neonatale dei Riuniti e poi, un paio di mesi, al polo scientifico di Bosisio Parini. «Encomiabile – conclude Bonometti – anche l'impegno dei medici della Patologia neonatale che hanno strappato Samanta alla morte, utilizzando, per la prima volta nel nostro ospedale, anche l'innovativo trattamento di ipotermia per proteggere il cervello della neonata».

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