La bimba nata invalida
Sequestrate le cartelle cliniche

L'acquisizione delle cartelle cliniche di mamma e figlia da parte della Procura è l'unica novità nella vicenda di Samanta Zekaj, la piccola di 8 mesi nata totalmente invalida il 30 gennaio scorso agli Ospedali Riuniti. Per la famiglia, le cause di quanto accaduto sono da attribuire agli errori compiuti dai medici prima e durante il parto (compresa una presunta lite tra due operatori sulla necessità o meno di ricorrere al taglio cesareo con cui si è concluso il travaglio); per l'ospedale – che nega con fermezza qualsiasi litigio in sala parto – le responsabilità sarebbero invece dei genitori, che non avrebbero autorizzato tempestivamente il ricorso al taglio cesareo, facendo perdere tempo prezioso al personale che stava assistendo la partoriente.

Sta di fatto che la piccola Samanta è nata asfittica, senza alcun parametro vitale attivo, tornata in vita grazie al lungo lavoro di rianimazione dei medici della Patologia neonatale. Le conseguenze però sono pesantissime: Samanta è nata cieca, incapace di deglutire il cibo, con un gravissimo ritardo psicomotorio.

Le cartelle cliniche di Samanta e di sua mamma - Albana Zekaj, 31enne albanese - sono state acquisite dagli agenti della Polizia giudiziaria su richiesta di Giancarlo Mancusi, il pubblico ministero cui, nel febbraio scorso, era stato affidato il fascicolo aperto dopo la denuncia presentata dal legale della donna, l'avvocato Roberto Trussardi. Insieme alle cartelle cliniche, la Polizia giudiziaria ha chiesto anche i nomi di tutti gli operatori coinvolti a qualsiasi titolo nella vicenda.

Il fascicolo aperto dalla Procura è comunque ancora contro ignoti, accusati di lesioni colpose gravi. Molto probabilmente, il prossimo passo della Procura sarà la richiesta di una consulenza medico legale ad un collegio peritale per accertare eventuali responsabilità. Solo successivamente il pm valuterà se archiviare la denuncia o iscrivere qualcuno dei soggetti coinvolti nel registro degli indagati.

Certo è che i sentimenti che ieri animavano il personale dell'ospedale – in particolare quello dei reparti di Ostericia/Ginecologia e di Patologia neonatale – erano di sorpresa, quasi di incredulità, di fronte alle pesanti accuse lanciate dal padre della piccola e la linciaggio mediatico cui i «Riuniti» sono state sottoposti da giornali e televisioni.

Nell'esposto alla Procura si contestano visite e accertamenti diagnostici viziati da errori da parte dei medici, errori cui avrebbe contribuito anche una presunta lite tra due operatori in sala parto al momento di decidere il «cesareo». Secondo la denuncia del marito – Saimir Zekaj, 38 anni, albanese, da 16 anni in Italia, operaio all'inceneritore della Rea di Dalmine, dove vive da tempo, padre di un'altra bambina di 6 anni – la moglie, infatti, una volta ricoverata in ospedale, non avrebbe ricevuto le cure necessarie pur in preda a forti dolori protrattisi per due giorni senza che nessuno si occupasse concretamente di lei. In sala parto, per giunta, due operatori avrebbero litigato sulla necessità o meno di eseguire il cesareo, lite conclusasi con il medico favorevole al cesareo che sarebbe uscito dalla sala sbattendo la porta e dicendo al collega di arrangiarsi.

Di tutt'altro tenore la ricostruzione dei «Riuniti» che smentiscono seccamente sia il litigio sia la scarsa assistenza. «Tutti i referti – dice l'ospedale – testimoniano la continua vigilanza e la pronta decisione dei medici ad intervenire con il cesareo quando questo si è reso necessario. L'intervento non è stato eseguito immediatamente per il tardivo consenso dei genitori. Attendiamo che la magistratura proceda celermente a fare chiarezza».

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