Terapia antirigetto, Bergamo in prima fila

Parte da Bergamo un progetto europeo per eliminare il rigetto del trapianto mediante l’impiego di cellule staminali. Il protocollo è stato autorizzato dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Agenzia Italiana del Farmaco nell’ambito di un progetto di collaborazione tra gli Ospedali Riuniti, il Laboratorio di Terapia Cellulare «G. Lanzani» e l’Istituto Mario Negri, prevede alcuni test pilota su un piccolo gruppo di pazienti che necessitano di trapianto di rene.Il progetto rientra nell’ambito di una proposta della Comunità Europea sull’impiego di cellule staminali per riparare organi e tessuti. Si tratta di cellule mesenchimali, cioè capaci di modulare il sistema immune nel ricevente. Il coordinatore di tutti i gruppi europei interessati all’impiego di cellule staminali nella medicina riparativa e nella medicina dei trapianti, Ton Rabelink, direttore del Dipartimento di Nefrologia e del Centro Einthoven di Medicina Sperimentale Vascolare e Diabete dell’Università di Medicina a Leiden, in Olanda, sarà a Bergamo lunedì 16 giugno, al Centro di Ricerche Cliniche per Malattie Rare «Aldo e Cele Daccò» dell’Istituto Mario Negri a Ranica, per discutere del progetto con Paola Romagnani, professoressa di Nefrologia alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze, Martino Introna, responsabile del Laboratorio «G. Lanzani» dei Riuniti, Alessandro Rambaldi, responsabile dell’Unità Operativa di Ematologia degli Ospedali Riuniti, Giuseppe Remuzzi, coordinatore delle ricerche del Mario Negri e Direttore del Dipartimento Trapianti dei Riuniti. Il rigetto costituisce di gran lunga la causa più frequente di fallimento del trapianto di rene. Con i farmaci antirigetto oggi utilizzati, circa il 50% dei reni trapiantati, a 10 anni dall’intervento chirurgico smette di funzionare principalmente per un processo di rigetto cronico o per la tossicità della terapia immunosuppressiva. Oggi l’obiettivo della medicina del trapianto è di identificare terapie che possono indurre tolleranza all’organo trapiantato. Vuol dire fare in modo che il nostro organismo riconosca come proprio il rene trapiantato senza dover utilizzare farmaci antirigetto per tutta la vita. Ciò permetterebbe anche al sistema immune del ricevente (che così rimane integro e attivo) di rispondere efficacemente a qualsiasi agente infettivo. Il rischio di infezioni e tumori (relativamente elevato nei pazienti trapiantati) potrà essere ridotto a quello che si ha normalmente nella popolazione sana. Una possibilità per indurre tolleranza è legata ad una nuova strategia di terapia cellulare. Questa tecnica consiste nel trapiantare organi insieme a cellule staminali isolate in precedenza dal midollo osseo dello stesso ricevente il trapianto di rene. Studi sperimentali condotti presso il Centro Daccò hanno dimostrato l’efficacia delle cellule staminali mesenchimali nell’indurre tolleranza in animali sottoposti a trapianto di cuore senza alcun farmaco antirigetto.(15/06/2008)

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