La storia di un ex deportato:
«A 19 anni il lager, poi nei boschi»

«Avevo 19 anni. Il 12 agosto 1944 mi internarono nel campo di concentramento militare Stammlager di Villingen, in Germania, come prigioniero di guerra, matricola 46738. Mi diedero giacca e pantaloni da carcerato con scritto sulla schiena il numero di matricola, un paio di zoccoli di legno, un paio di pezze per proteggere i piedi. Mi sequestrarono i vestiti e tutto quello che avevo e che non rividi più. Solo allora cominciai a rendermi conto della nuova situazione. Tentai di fare un piccolo tentativo di ribellione e ricevetti subito le prime frustate sulla schiena con un frustino di cuoio annodato che mi fece sanguinare. In seguito più volte ricevetti bastonate e frustate che mi lasciavano lividi e piaghe in tutto il corpo».

Incomincia così il racconto scritto da Vittorio Fogliardi, classe 1925, residente in città, viale Giulio Cesare. Potrebbe cominciare così il racconto di tutti coloro che in prefettura hanno ricevuto la Medaglia d'onore in riconoscenza delle sofferenze patite durante la deportazione nei lager nazisti per non aver voluto collaborare con i tedeschi e con la Repubblica di Salò.

Vittorio Fogliardi rimase in questo campo quattro mesi, poi fu trasferito a Boblingen, vicino a Stoccarda. «Ci vollero 26 giorni di cammino per arrivare nel nuovo campo – ricorda Fogliardi – dove rimasi per altri quattro mesi alle stesse condizioni di vita. Il 10 aprile 1945 ci fecero muovere per destinazione ignota, perché le cannonate degli alleati si sentivano sempre più forti e i carri armati avanzavano. Il 14 aprile, alle 7 del mattino, fuggii da un fienile dove ci eravamo fermati la sera prima. Avevo intenzione di arrivare in Svizzera e camminavo orientandomi con la muffa delle piante per sapere dove era il sud. Per 35 giorni ho vissuto nei boschi senza farmi vedere, con i piedi piagati, i primi tre giorni mangiando fogliame e radici».

Per consocere tutta la storia leggi L'Eco di Bergamo del 23 ottobre

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