Quattro mesi al ladro di mele
E la frutta era pure acerba

Domenica mattina alle prime luci dell'alba si era presentato in un frutteto a Ponte in Valtellina per rubare 300 chili di mele. Un pensionato di 61 anni della Valle è stato processato nella mattinata di lunedì 25 ottobre per direttissima nel Tribunale di Sondrio. Con l'accusa di furto aggravato, l'uomo è stato condannato a quattro mesi di reclusione con pena sospesa e al pagamento di una multa di 400 euro (oltre alle spese processuali).

Il bergamasco, arrestato in flagranza di reato, si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha scelto la via del patteggiamento che gli è valso lo sconto di un terzo della pena fissata in 9 mesi e 900 euro di multa.

«C'è da sperare che la lezione gli sia servita», è stato il commento alla fine del processo del proprietario delle mele, titolare dell'azienda agricola che da due anni ormai puntualmente, a fine ottobre, viene presa di mira dai ladri. «Preferirei potermene stare comodamente a casa, la domenica mattina, e invece - ha dichiarato - mi tocca andare a controllare che non mi rubino le mele... Passi la borsa che i turisti si portano appresso quando vengono qui a farsi un giro (anche se non è corretto), ma quando ho visto quell'uomo con quell'Audi A3 (di proprietà di suo figlio, ndr) stracarica di mele, non ci ho visto più e ho chiamato il 112». A quando è dato sapere vi sarebbero indagini in corso perché - questo il sospetto degli inquirenti - domenica mattina di bergamaschi in giro per i frutteti ce n'era più di uno a bordo di due furgoni.

Il valore delle mele rubate - trattandosi di Pink Lady, varietà coperta da marchio a livello europeo e contingentata sul mercato (è in vendita a 2,50 euro al chilo e ai produttori viene pagata 70 centesimi contro i 20 delle Golden) - si aggira sui 300 euro.

«Quel che più spiace - ha concluso il titolare dell'azienda - è che le mele raccolte che mi sono state subito restituite erano troppo acerbe e così le abbiamo buttate. Mi chiedo solo che fine avrebbero potuto fare sul mercato bergamasco, dal momento che erano segnate e non certo pronte per essere consumate».

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