Yara, Fikri ribadisce il suo alibi
Il pm: sì al fermo, niente carcere

Si è concluso alle 16.30 di lunedì 6 dicembre l'udienza di convalida del fermo di Mohammed Fikri, il marocchino fermato per la scomparsa di Yara Gambirasio. L'extracomunitario ha negato ogni coinvolgimento, il gip deciderà martedì. Il pm ha chiesto la convalida del fermo ma non ha chiesto l'applicazione delle misure cautelari. Fondamentale la ritraduzione della frase intercettata al telefono.

Si è concluso alle 16.30 di lunedì 6 dicembre nel carcere di Bergamo l'udienza di convalida del fermo di Mohammed Fikri, il marocchino 23enne fermato nell'ambito delle indagini sulla scomparsa di Yara Gambirasio.
Il 23enne Mohammed Fikri, sottoposto a fermo con le accuse di omicidio e sequestro di persona nella vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio, è stato ascoltato dalle 14 fino alle 16.30: a interrogarlo il giudice per le indagini preliminari Vincenza Maccora che deciderà nella giornata di martedì 7 dicembre sulla convalida o meno del fermo.

L'avvocato Roberta Barbieri che difende l'extracomunitario ha chiesto la totale scarcerazione per mancanza di gravi indizi di colpevolezza mentre il pm di Bergamo Letizia Ruggeri ha chiesto la convalida del fermo ma non la custodia cautelare in carcere in quanto, con il passare delle ore, non vi sarebbero più gli indizi di gravità tali da richiedere la carcerazione.

Un punto fondamentale è rappresentato dalla frase «Allah mi perdoni» che il marocchino avrebbe pronunciato al telefono non sapendo di essere intercettato. Ritradotta la frase nella giornata di lunedì, pare che le parole siano state fraintese e che il giovane avrebbe semplicemente usato un'esclamazione detta perchè il suo interlocutore - forse la fidanzata - non rispondeva al telefono.

L'uomo, che ha ancora negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda, è in Italia da circa 5 anni. L'ultimo permesso di soggiorno per motivi di lavoro gli era stato rilasciato dalla questura di Padova, nel 2009. A Padova però il giovane - che risulta incensurato - era rimasto solo pochi mesi, spostandosi poi sempre per lavoro nel Trevigiano e precisamente a Montebelluna.
Nel corso dell'interrogatorio il marocchino avrebbe ribadito agli inquirenti che il suo viaggio verso Tangeri non era una fuga, ma una vacanza programmata: «Andavo dai miei genitori» ha ripetuto. Un cugino avrebbe confermato il suo racconto agli inquirenti. Risulterebbe inoltre che Mohammed aveva chiesto le ferie al suo datore di lavoro (e non avrebbe più lavorato a Mapello dopo sabato 27 novembre, giorno dopo la scomparsa di Yara). Il biglietto del traghetto l'aveva comprato da giorni, prenotando il posto sulla corsa di sabato sera, 4 dicembre.

Le indiscrezioni che parlano di due italiani coinvolti nella scomparsa della ginnasta tredicenne, di cui non si hanno più notizie da venerdì 26 novembre, quando salutò istruttrici e compagne di allenamento nel centro sportivo di Brembate Sopra, non sembrano avere molto credito.

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