L'esortazione del vescovo alla scuola:
«I giovani si attendono adulti credibili»

«I nostri giovani vivono aspettando adulti significativi che accettino di dialogare con loro. Per questo, come chiesa locale, ci interrogheremo sulla valenza educativa di ogni gesto che compiamo». Lo ha detto il vescovo Francesco Beschi incontrando i dirigenti scolastici alla Casa del Giovane durante il tradizionale incontro di Natale organizzato dalla diocesi, Ufficio pastorale scolastica, in collaborazione con l'Ufficio scolastico provinciale.

La riflessione del vescovo si è articolata intorno alla presentazione degli Orientamenti pastorali «Educare alla vita buona del Vangelo», pubblicati dalla Conferenza episcopale italiana nel mese scorso e che apre il nuovo decennio di riflessione sociale della Chiesa italiana, dedicato all'emergenza educativa.

Un discorso alto, scaldato dai ricordi personali di insegnante di musica e di religione («La fortuna di avere di fronte gli studenti per due ore ogni settimana, di poter parlare con loro anche quando mi facevano impazzire») introdotto dal saluto di monsignor Vittorio Bonati, delegato vescovile per la scuola e da don Michele Cortinovis, responsabile dell'Ufficio per l'insegnamento della religione cattolica della diocesi, che ha letto alcuni passi del documento dedicati in specifico alla scuola, vista dai vescovi come luogo dove si trasmette il sapere ma anche il senso del valore della persona.

Non sono tempi facili per la scuola, ha osservato il dirigente provinciale Luigi Roffia. Nel suo intervento dedicato alla nuova materia trasversale, Cittadinanza e costituzione, il dirigente Roffia ha ricordato ai presidi che «nelle scuole si respira un'aria pesante, gli insegnanti reagiscono alla fatica di insegnare non facendo cose che io trovavo divertenti, come le gite, oppure eliminando i colloqui con i genitori o le supplenze. Ci sono dei motivi, ma occorre resistere, perché la scuola è troppo importante per i nostri 167.000 ragazzi. E un pensiero – ha concluso il dirigente provinciale – va anche a una studentessa che oggi non è in classe: Yara».

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