«Chiamate private, le pagò il Comune»
Consigliere indagato, ma il pm archivia

Settemila euro in due anni. La bolletta telefonica a carico del Comune di Curno era talmente salata che il caso era finito in Procura e da lì sulla scrivania del gip Vittorio Masia che però ha archiviato su richiesta dello stesso pm.

Settemila euro in due anni. La bolletta telefonica a carico del Comune di Curno era talmente salata che il caso era finito in Procura e da lì sulla scrivania del Gip Vittorio Masia, che però giovedì 16 dicembre ha archiviato, accogliendo anche la richiesta dello stesso Pm. Un caso che, politicamente, aveva gettato ulteriore benzina sul fuoco di un duello che contrappone ormai da tempo il sindaco Angelo Gandolfi e Roberto Pedretti.

Il fronte penale vedeva il primo cittadino nei panni dell'accusatore. In quelli dell'indagato ci stava invece Pedretti, sospettato di aver dirottato il traffico telefonico privato sui conti del Comune. L'allora vicesindaco beneficiava di una convenzione che l'amministrazione di Curno aveva stipulato: scatti di servizio addebitati al bilancio comunale, scatti personali a proprio carico dopo aver digitato un codice. Codice che, secondo le accuse, Pedretti si sarebbe spesso e volentieri dimenticato di comporre.

Il caso esplode nell'estate 2009, quando in municipio arriva l'avviso Telecom: avete sforato il forfait. Gandolfi s'insospettisce e scopre che c'è un cellulare che incide per migliaia di euro. È quello dell'ex vicesindaco, che alle casse comunali ha «succhiato» 2.890 euro solo nel bimestre maggio-giugno 2009. Ovvero il periodo coincidente con la vigilia delle elezioni europee, a cui Pedretti s'era candidato.

L'ex vicesindaco si dichiara in buona fede e rimborsa (dal giugno 2007 al 2009 aveva accumulato scatti per circa 7.000 euro). «Ho restituito l'intera cifra - spiega Pedretti, difeso dall'avvocato Emilio Gueli -, anche per le telefonate fatte per il Comune. Ho la coscienza a posto, non sapevo che bisognava digitare il codice per le chiamate private».

L'amministrazione comunale presenta comunque denuncia. Il pm Giancarlo Mancusi mette sotto inchiesta il consigliere, ma giunge alla conclusione che non ci sono gli estremi per il peculato, chiedendo che il caso venga archiviato.

All'archiviazione si oppone il Comune, rappresentato dall'avvocato Fulvio Vitali. Per il quale un pm ha a disposizione gli strumenti per verificare le utenze a cui erano destinati i contatti. Gandolfi parla ora di «uso anomalo di una linea telefonica comunale», davanti al quale «gli uffici hanno intrapreso le dovute procedure».

Pedretti legge invece l'iniziativa come «una ritorsione»: «Qualcuno non è riuscito a eliminarmi politicamente, vuol farmi fuori in altro modo».

Giovedì il Gip ha deciso: il caspo va archiviato.

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