Università e bonus per la ricerca:
a Bergamo + 11,9% sul 2009

Sono stati resi noti i dati dell'Università degli Studi di Bergamo per l'assegnazione degli incentivi che premiano la qualità di ricerca e didattica: a Bergamo l'11,7 per cento del totale dell'assegno statale. Soddisfatto il rettore, Stefano Paleari

Sono stati resi noti i dati dell'Università degli Studi di Bergamo per l'assegnazione degli incentivi introdotti dal decreto Gelmini che premiano la qualità di ricerca e di didattica degli atenei statali. A Bergamo è assegnato l'11,7 per cento del totale dell'assegno statale, una quota quasi doppia rispetto a quella che caratterizza le università in fondo alla classifica, come l'Ateneo di Messina.

In totale a Bergamo sono arrivati 4 milioni 152 mila 33 euro, l'11,9 per cento di più rispetto al 2009. Primo della classifica il Politecnico di Torino, seguito dalla veneziana Ca' Foscari e da Trento. Nello specifico Bergamo, sui 35 milioni 621 mila 449 euro di finanziamenti statali per il 2010, si è visto assegnati oltre 4 milioni per la ricerca e la didattica.

Il rettore, Stefano Paleari, è soddisfatto: i dati sono positivi «e questo fa emergere il merito della nostra università che ha scelto di puntare proprio su ricerca e didattica. Una strategia vincente, merito anche del lavoro di team fatto con i docenti».

Tra l'altro rispetto lo scorso anno, la dote complessiva degli incentivi è aumentata da 520 a 720 milioni, e nella distribuzione si è dato più peso ai risultati della ricerca che determinano oggi i due terzi del giudizio.

La valutazione inoltre dipende soprattutto dalla percentuale dei docenti che tra il 2005 e il 2008 hanno spuntato un voto positivo nei programmi di ricerca nazionale, e misura anche il successo nella raccolta di fondi internazionali e la partecipazione ai progetti per i giovani ricercatori. Punto debole della pagella e quindi dell'assegnazione, il pezzo che ancora hanno i giudizi del Civr, Comitato per la valutazione della ricerca che risalgono al 2001/2003.

Maggiori dettagli su L'Eco di Bergamo del 15 gennaio

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