La lettera/2: «Io architetto
che guadagno 6-7 euro all'ora»

La lettera che pubblichiamo è arrivata alla Cgil di Bergamo mercoledì 23 febbraio via email. Il segretario generale provinciale Luigi Bresciani ha raccolto l'invito alla sua diffusione e ha risposto all'architetto che lamenta difficili condizioni di lavoro.

«Carissimo dottore, con questa lettera vorrei sottoporle la situazione lavorativa attuale degli studi di architettura in Italia. Dopo essermi laureata, lavoro ormai da cinque anni in uno studio di architettura di Bergamo. Avevo preso in considerazione che i primi anni sarebbero stati di iniziazione e quindi di sfruttamento, scarsamente retribuiti e con poca stabilità e sicurezza».

«Purtroppo, a distanza di qualche anno però nulla è cambiato. Per fingere una regolarità fiscale dello studio in cui lavoro, sono stata costretta ad aprire partita Iva. Nei fatti non sono però una libera professionista perché innanzitutto non ho potuto sceglierlo e perché ho orari fissi e un'impostazione del menage lavorativo da dipendente».

«Lo stipendio lordo, di chi come me rientrava nel regime agevolato, si aggira ai mille euro mensili (circa 6 euro/ora) da cui vanno poi sottratti il 27,72% Inps, il 20% di Iva, il 10% Irpef, il 10% del commercialista e il 10% per il pranzo fuori sede. Praticamente il guadagno è pari a zero».

«Inoltre gli straordinari sono costanti (1-2 ore al giorno), in periodi di scadenze si lavora anche il sabato, la domenica e le notti... il tutto non retribuito. Praticamente vivi di gloria per molti anni, ma poi ti ritrovi che la situazione non è cambiata, con quasi lo stesso stipendio di quando hai iniziato, anche se quello che sai fare ora è molto di più e lo sai fare meglio. Se va bene si arriva sulle 6-7 euro all'ora nette, calcolato sulle otto ore».

«La tassazione con gli anni aumenta non avendo più le agevolazioni dei primi tre anni della partita Iva e gli studi di settore ti costringono a dichiarare che guadagni di più perché sembra impensabile percepire così poco senza evadere. Non ho nessuna garanzia, da domani potrei non servire più, e quindi perdere il lavoro senza avere alcun ammortizzatore sociale, liquidazione, preavviso, malattia, maternità, ecc...»

«Grazie a queste incertezze non mi vengono concessi nemmeno mutui e carte di credito dalle banche. Se volessi un figlio, non ho possibilità di gravidanza con rischi e l'Inps mi pagherebbe cinque mesi all'80%, ma non è detto che lo studio dove lavoro accetti la mia assenza di buon grado, potrebbe liberamente lasciarmi a casa fin da subito. A tutto ciò si aggiunge che se sto a casa per malattia mi possono non pagare, le vacanze sono massimo tre settimane all'anno e non a tutti retribuite».

«Non ci sono sindacati, o pari, che prendano le nostre difese. Ciò che più mi indigna è che tutto questo è un modo per gli studi di non pagare i contributi a coloro che, come me, sono in realtà dei dipendenti, avendo sempre la libertà di prendere o lasciare quando vogliono, senza responsabilità alcuna, senza avere obblighi, tra cui, ad esempio, quello di assumere il quindicesimo dipendente disabile».

«La maggior parte degli studi si fa emettere delle fatture con importi tempi e modi così regolari che un semplice controllo renderebbe evidente che si tratta di stipendi e non di fatture per collaborazioni. La ringrazio qualora decida di pubblicare la mia lettera, credo sia un problema che riguarda molti e in questo periodo in cui si sente parlare spesso di precariato, la mia categoria non è mai considerata. Cordiali Saluti. Professionista non libero».

La risposta del segretario Luigi Bresciani
«Carissima, ho letto con attenzione la lettera che Lei mi ha inviato. Conosciamo la situazione di tante giovani e tanti giovani costretti ad aprire partite Iva anche se svolgono lavori che, certamente, non possono definirsi autonomi. Così come conosciamo la situazione di vero e proprio sfruttamento che tanti giovani devono subire nelle piccole aziende, in alcune cooperative, in studi professionali».

«Pubblicheremo la lettera che Lei ci ha inviato sul nostro sito internet e la invieremo ai giornali e al sito della Cgil nazionale. Noi continueremo a lavorare, pur nelle difficoltà e contro un Governo che legifera per diminuire le tutele e i diritti delle persone e Associazioni imprenditoriali che chiedono solo massima libertà e flessibilità nell'utilizzo di lavoratrici e lavoratori».

«È solo attraverso la lotta, l'unità e l'iniziativa che noi potremo cambiare le cose, per questo noi lavoriamo, per raggiungere anche chi oggi non riusciamo a raggiungere, parlare con chi oggi non riusciamo ad avvicinare e sono in tanti, come Lei, che lavorano negli studi professionali, in tante piccole e piccolissime realtà produttive».

«Noi ci siamo, siamo qui per quanto possa servire, venga a trovarci e, se lo desidera, sono sempre disponibile ad un incontro. La aspettiamo».

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