Ghilardi e Fabbri: «In Libia
per decorare una moschea»

Quando è scoppiata la rivolta in Libia, il loro pensiero è stato per Bengasi. Loro sono due artisti bergamaschi – Italo Ghilardi e Marco Fabbri – che hanno decorato una moschea: «Più che per le nostre opere, temiamo per la gente».

Quando è scoppiata la rivolta in Libia, il loro primo pensiero è stato per Bengasi. Le notizie dell'ultime ore, hanno rispolverato ricordi di una moschea. davanti alla quale proprio oggi si scatena la protesta. Non un luogo di culto qualsiasi, ma la moschea di Shabbi, vicino al porto cittadino, che loro hanno decorato e affrescato.

Loro sono due artisti bergamaschi – Italo Ghilardi e Marco Fabbri di Bergamo – che seguono con particolare apprensione questi momenti. “Sono notizie sconvogenti – dice Ghilardi – speriamo che tutto si risolva in fretta e che anche il nostro lavoro non subisca danni”. “E' importante che si esca da quella dittatura – gli fa eco Fabbri -. Il mio pensiero è anzitutto per quella gente, anche se guardando la televisione cerco di scorgere qualche immagine di Bengasi con la moschea dove ho lavorato”.

Ma quando i due hanno soggiornato in Libia? “Nell'agosto 1969 – aggiunge Ghilardi – proprio nei giorni in cui Gheddafi prese il potere. La moschea si trovava proprio a fianco della caserma del colonnello. Con me c'erano Fabbri, Elia Ajolfi e Filippo Alcaini tutti impegnati nella decorazione della moschea. Il lavoro era stato commissionato al pittore Heinrich Steiner che chiese la nostra collaborazione. In quei giorni di rivoluzione però restammo barricati in hotel”.

Ghilardi aveva 23 anni e con gli altri passò dei momenti non proprio felici: “La zona era tutt'altro che tranquilla – aggiunge - tanto che rimanemmo fermi una quindicina di giorni a causa anche del coprifuoco”. Temete che il vostro lavoro possa subire danni? “Non credo che le moschee possano venir danneggiate – afferma Fabbri -, mi auguro che tutto resti come prima. Mi spiacerebbe che quelle decorazioni floreali e geometriche fossero cancellate da bombardamenti o distruzioni se il conflitto dovesse allargarsi. Al di là di ciò temo molto per la gente. La moschea di Shabbi fra l'altro, per quanto piccola, era e credo è assai frequentata soprattutto dalla popolazione locale”.

Le parole dell'ex ministro della Giustizia Mustafa Abdel Jalil, leader dell'opposizione a Bengasi, pronunciate ieri fanno però temere il peggio. “Vittoria o morte. Siamo combattenti, non ci arrendiamo. Vittoria o morte! Non ci fermeremo finché non avremo liberato tutto il nostro paese”, ha detto Jalil. “Speriamo – conclude Ghilardi – che gli aiuti della nostra Marina militare giungano presto a destinazione nel porto di Bengasi. Ho sentito in televisione che sono stati caricati nelle stive generi alimentari, generatori elettrici, medicinali. E' evidente che la situazione è critica. La Libia poi dista un tiro di schioppo dalle coste italiane. Questo dramma non può non toccarci da vicino”.

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