Università: «Non vendete
la sede di Piazza Vecchia»

L'ex sede dell'Università di Bergamo di Piazza vecchia non s'ha da vendere. È questo il senso di una lettera appello che Nadia Ghisalberti, consigliere della Lista Bruni ha inviato per chiedere di togliere l'edificio dall'elenco di quelli alienabili.

L'ex sede dell'Università di Bergamo di Piazza vecchia non s'ha da vendere. È questo il senso di una lettera appello che Nadia Ghisalberti, consigliere comunale della Lista Bruni ha inviato per confermare la richiesta di togliere l'edificio dall'elenco di quelli alienabili.

Ecco il testo della lettera di Nadia Ghisalberti
«Per finanziare parte delle opere pubbliche 2011, l'amministrazione di Bergamo mette in vendita pezzi del patrimonio comunale. Con un bilancio stretto tra patto di stabilità e pesanti tagli del Governo, le alienazioni sono una via obbligata, ma la scelta dei beni messi in vendita è molto discutibile.
Per far cassa si perderà per sempre un edificio ben noto a tutti, la ex sede dell'Università che che si affaccia su piazza Vecchia. Un palazzo in posizione strategica, che il Comune detiene da 700 anni.

Un patrimonio comune con una lunga storia: residenza del Podestà dal XIII al XV secolo, Corte di Giustizia durante la dominazione napoleonica e Tribunale fino al 1923. Ospitò poi il  Museo di Scienze Naturali e dal 1961 la Scuola di Giornalismo dell'Università Cattolica di Milano finché divenne sede, nel 1968, della appena istituita Università degli Studi di Bergamo. Un bene culturale dunque di grande rilevanza per la storia delle Istituzioni locali e un edificio che l'ing. Angelini, nel  Piano di Risanamento di Città Alta del '34, dichiarò di elevatissimo valore architettonico.

Oggi invece l'amministrazione vede il solo valore economico di quei muri storici, ne quantifica gli euro che potrà incassare e che prima di fine anno saranno già spesi. Senza alcuna sensibilità per la storia della città e senza considerare il valore simbolico che assume la proprietà pubblica dell'edificio che fu affrescato dal Bramante. 

Tra l'altro, vendendolo, Città Alta perde un'istituzione di prestigio come il Centro Studi sul Territorio, che lì ha la sua sede, e si preclude per sempre una possibile espansione della Biblioteca A.Mai, oggi una delle migliori in Italia, con un'utenza in crescita, che necessita di nuovi servizi e nuovi spazi.
Chi governa la città sa che mai più un simile bene potrà  essere riacquistato dal Comune, come sa di dover rispondere anche ai cittadini di domani per quel pezzo di patrimonio di cui li priva.

Su questo tema c'è una grande sensibilità e attenzione in città, in tanti hanno già espresso contrarietà a questa operazione e in consiglio comunale i gruppi di minoranza presenteranno un emendamento che tolga questo edificio dall'elenco dei beni alienabili».

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