Yara, parla Mohamed Fikri
«Non sono un mostro»

«Non sono un mostro. Sono un povero che arriva dal Marocco e sono in Italia per lavorare, sistemare la mia vita e aiutare i miei genitori. Non sono venuto qui a fare del male». Lo ha detto Mohamed Fikri, il marocchino che fu accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio.

«Non sono un mostro. Sono un povero che arriva dal Marocco e sono in Italia per lavorare, sistemare la mia vita e aiutare i miei genitori. Non sono venuto qui a fare del male». Lo ha detto domenica, ospite a «Domenica Cinque», Mohamed Fikri, il marocchino accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio a causa di una traduzione sbagliata di una sua intercettazione telefonica.

Mohamed venne fermato quando era a bordo di una nave diretta in Marocco dove si stava recando per andare a trovare la sua famiglia; venne preso in mezzo al mare e portato in caserma a Bergamo. Domenica ha ricordato così quei momenti di terrore: «Quando mi hanno fermato a Genova, in mezzo al mare, mentre stavo andando a casa dalla mia famiglia, mi sono sentito scoppiare il cuore. Poi, durante l'interrogatorio, mi hanno messo sul cuore una foto di Yara facendo appello alla mia coscienza per farmi confessare. Io ho risposto che non conoscevo Yara e non l'avevo mai vista».

«Ho lavorato nel cantiere di Mapello, ma soltanto per un giorno; non conosco quelle zone. Come potevo - ha sottolineato - compiere un gesto del genere essendo stato là un solo giorno?». Dopo quello che è successo, «sono tornato in Marocco dalla mia famiglia e mia mamma è stata male, si è ammalata di depressione». Fikri, che ha deciso di tornare in Italia per lavorare e ora vive a Padova, oggi dice di sentirsi «più tranquillo».

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