Merelli in vetta sul Dhaulagiri
«Ma c'era nebbia, non sono certo»

Arrivare in vetta e non essere sicuri di averla raggiunta. Per un alpinista la beffa peggiore. Perché dopo giorni di attesa e sacrifici non riuscire a certificare la propria impresa per il maltempo è paradossale. A Mario Merelli è capitato domenica sul Dhaulagiri.

Arrivare in vetta e non essere sicuri di averla raggiunta. Per un alpinista la beffa peggiore. Perché dopo giorni di attesa, fatiche e sacrifici non riuscire a certificare la propria impresa per il maltempo è davvero paradossale. A Mario Merelli è capitato domenica 15 maggio sul Dhaulagiri.

Una montagna non certo fortunata per lo scalatore di Lizzola che sulle pendici della vetta di 8.160 metri, la settima della Terra, era già stato in due occasioni - nel 2001 e nel 2007 - arrivando sempre a un soffio dalla cima e dovendo rientrare in entrambi i casi con il profondo dolore per la scomaparsa di un compagno di spedizione: lo spagnolo Pepe Garces nel primo, il bergamasco Sergio Dalla Longa.

Domenica, fortunatamente, di episodi drammatici, non se ne sono registrati. Sia Mario Merelli che il compagno di spedizione Marco Zaffaroni stanno bene. Solo tanta amarezza per un risultato che, con ogni probabilità, non potrà mai essere provato.

«Siamo saliti senza ossigeno - ha raccontato Mario alla moglie Mireia via satellitare -, ma in quota c'era una fortissima bufera. A un certo punto ho proseguito da solo e sono giunto su quello che sembrava essere il plateau sommitale: non si vedeva nulla, la nebbia era fittissima. Credo di essere arrivato in vetta, ma non posso essere sicuro».

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