«30 sottozero, neve alla vita»
Merelli racconta il suo Dhaulagiri

Domenica invece, niente foto ricordo: in mezzo all'inferno che si è scatenato sul Dhaulagiri, vetta himalaiana di 8.160 metri, è già tanto non aver perso completamente il senso dell'orientamento, ma aver proseguito.

«Bene, tutto bene». La voce di Mario Merelli è stanca, consumata dai sei giorni trascorsi in quota. «Una battaglia», dice lo scalatore. Ufficialmente senza vinti, né vincitori. Perché le regole che governano ormai l'alpinismo sugli Ottomila imporrebbero di documentare con dovizia di dettagli e fotografie la cima raggiunta.

Domenica invece, niente foto ricordo: in mezzo all'inferno che si è scatenato sul Dhaulagiri, vetta himalaiana di 8.160 metri, è già tanto non aver perso completamente il senso dell'orientamento, ma aver proseguito.

E, forse, esserci anche finiti su questa cima stregata, già tentata nel 2001 e nel 2007 con spedizioni purtroppo segnate in entrambi i casi dalla scomparsa di un compagno: Pepe Garces la prima volta e Sergio Dalla Longa la seconda.

«È andata che domenica a 30 metri dalla cima è successo di tutto. Vento, neve fino alla vita, valanghe e un freddo di quelli che non ho mai provato, o quasi. Credo attorno ai meno 30. Pazzesco: non si vedeva a mezzo metro. Però sono andato avanti. Mi sono detto: tengo duro, manca poco».

«Non so se sono arrivato in vetta. È molto probabile, perché quando è scoppiata la bufera ero sul plateau sommitale e la cima era lì a un soffio. Il problema è che poi non ho visto più nulla».

Leggi tutta l'intervista su L'Eco di Bergamo del 17 maggio

© RIPRODUZIONE RISERVATA