«Cerchiamo casa a 190 profughi»
I sindaci: «40 € servono a poco»

Un vertice negli uffici della Regione tra una rappresentanza di una sessantina di amministratori locali e Roberto Giarola di reperire strutture idonee all'accoglienza dei profughi dal Nord Africa in Lombardia.

Un vertice negli uffici della Regione tra una rappresentanza di una sessantina di amministratori locali e Roberto Giarola, incaricato dal capo dipartimento della Protezione civile nazionale Franco Gabrielli, di reperire strutture idonee all'accoglienza dei profughi dal Nord Africa in Lombardia.

Secondo le stime, nella Bergamasca, ci si potrebbe dunque preparare a dare casa ai primi 190 migranti in fuga dalla guerra.

Tiepida la reazione degli amministratori locali orobici in questo primo incontro in via XX Settembre. In generale i presenti hanno ascoltato la relazione del delegato e apprezzato l'estrema umiltà nella richiesta di collaborazione rivolta da Giarola. D'altro canto però in molti hanno ribadito la difficoltà a sobbarcarsi una nuova accoglienza in un momento in cui sugli enti locali ricadono continue emergenze in un clima di progressivi tagli.

Fa sintesi Leonio Callioni, assessore ai Servizi sociali del Comune di Bergamo: «Un amministratore locale, in questo clima di tagli pesanti proprio ai Servizi sociali, si trova tutti i giorni a rispondere alle fragilità già presenti del territorio con estrema difficoltà – riflette –: adesso ci viene chiesto di rispondere a una nuova emergenza con il rischio di dover sottrarre nuove risorse a quelle persone che incontriamo tutti i giorni e a cui diciamo dei no perché non riusciamo a far quadrare i conti. Va considerato poi che accogliere i profughi non significa solo dare vitto e alloggio: significa provvedere al loro inserimento sociale, dai bimbi a scuola alle cure mediche per chi ha problemi. La coperta è troppo corta e i 40 euro a persona ventilati dal delegato Giarola non sono sufficienti. Rischiamo solo di aumentare la tensione sociale e non riuscire nell'intento di una vera integrazione».

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