«Questa è la festa a Yara»
Don Corinno: è un seme che fiorisce

«In quel campo Yara ha messo un seme di purezza, diventato quel chicco di grano che caduto a terra fiorisce e diventa un spiga. E Yara si moltiplica, così come l'innocenza si moltiplica». Commuovente e intenso il discorso di don Corinno Scotti.

«Il vescovo mi ha chiesto di dire e di dirci come abbiamo vissuto questi mesi. Come la comunità cristiana, ma non solo, sta vivendo: io non so se sono sei mesi o sei anni o una vita, perchè non ho mai vissuto giornate così lunghe come in questi mesi. Ho vissuto come tutti voi l'incredulità, la paura, l'insicurezza. E poi, l'unica cosa che potevamo fare, era quella di metterci davanti al Signore, in ginocchio, sicuri che Dio non risolve i nostri problemi, ma ci dà la luce per guardarli, la forza per affrontarli». Apre il suo cuore don Corinno Scotti ai funerali di Yara e chi meglio di lui può raccontare il dramma che ha colpito la comunità di Brembate: il sacerdote è sempre stato vicino alla famiglia Gambirasio e spesso si è fatto portavoce delle loro emozioni. «Con quanto è successo – ha detto don Corinno - ci siamo accorti che il male c'è, ci fa diventare cattivi. E che la cattiveria si esprime al punto tale da far morire una bambina». Insieme alle preghiere il parroco di Brembate, durante le esequie, ha notato le lacrime: «Abbiamo pianto: quante lacrime».

Don Corinno ripercorre la vicenda: «Prima lo smarrimento, poi la ricerca, con migliaia di persone, di volontari, rappresentanti delle forze dell'ordine, della protezione civile, con il nostro sindaco e tanti altri. E lo si faceva non per dovere, ma per passione, per amore per la nostra Yara». Don Corinno racconta anche le emozioni vissute con il ritrovamento del cadavere: «Maura mi ha detto che da quando hanno trovato la sua bambina è serena mentre dalla bocca di Fulvio non è mai uscita una parola di cattiveria, di odio, di vendetta – racconta -: quando gli chiedevo cosa dovevo dire alla comunità, lui mi diceva sempre di dire grazie».

Il sacerdote si rivolge anche alle famiglie: «Ora non possiamo non guardare il Paradiso: se non fosse così resterebbe solo la disperazione, l'assurdo di una morte così cattiva e violenta. Con questa vicenda abbiamo scoperto che c'è il male: abbiamo cercato di dirlo anche ai giovani ma abbiamo anche detto ai genitori di preoccuparsi che gli stessi giovani non facciano del male e diventino cattivi: solo se crescono con un cuore buono saranno la nostra gioia».

Serve allora il perdono e la misericordia di Dio: «È giusta la ribellione, l'indignazione, la rabbia, ma per vincere il male serve la bontà. Non si vince il male diventando cattivi a nostra volta, augurando il male agli altri. Serve la bontà e di bene ce n'è tanto: tutti ne siamo testimoni e Yara è stato il mezzo per farci capire che il bene unisce, crea solidarietà e fraternità». La fraternità di madri, famiglie, ragazzi e bambini che in questi giorni hanno sfilato davanti alla bara di Yara. «Una mamma mi ha detto piangendo: “Quanto male hanno fatto a Yara» - continua don Corinno -, poi una madre poco dopo ha detto: “Quanto bene ci sta facendo Yara». E infine un bambino piccolo mi ha detto: «Io non voglio fare del male a nessuno». Secondo il sacerdote in queste frasi si racchiude l'essenza della vittoria di Yara, «di quel corpo ritrovato in quel campo arido e secco, brutto e cattivo»: «In quel campo Yara ha messo un seme di purezza, di bontà, è diventato quel chicco di grano che caduto a terra fiorisce e diventa un spiga. E Yara si moltiplica, così come l'innocenza si moltiplica». Per questo i funerali secondo don Corinno sono un momento di festa: «Lo ha detto papà Mauro – conclude don Corinno con grande commozione-: stiamo facendo la festa a Yara».

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