Vera è rinata a Bergamo
Un cuore nuovo e il sorriso

Il 21 giugno è un giorno speciale. Vera compie 3 anni, e c'è proprio tanto da festeggiare. Arrivata a Bergamo dalla Siberia, il 13 febbraio, era ferma in una culla attaccata a un cuore artificiale: a quattro mesi di distanza ha un cuore nuovo. E sorride.

Mamma Irina se la accarezza con gli occhi, la sua piccola Vera: il 21 giugno è un giorno speciale, perché la bimba compie 3 anni, e c'è proprio tanto da festeggiare. Vera, arrivata a Bergamo dalla lontanissima Novosibirsk, in Siberia, il 13 febbraio, era ferma in una culla attaccata a un cuore artificiale: a quattro mesi di distanza ha un cuore nuovo, è seduta in un passeggino, indossa un abitino tutto fiorito e sorride. Finalmente. Nella sala riunioni di Cardiochirurgia agli Ospedali Riuniti la accolgono con una sola frase: «Soffia, Vera, soffia». E lei, che da febbraio sente la gente attorno a sé parlare in una lingua sconosciuta, capisce subito: l'occhio punta sulla grande torta, pan di spagna e glassa di zucchero, con tre candeline.

Soffia Vera, e le candeline le spegne d'un colpo. A dispetto del sondino nel naso, del braccino e della gambina destra che ancora non muove, sembra aver già dimenticato quella macchina che la teneva in vita, i lunghi giorni in terapia intensiva dopo il trapianto: vuole la torta, indica i bicchieri d'aranciata e soprattutto ha l'aria di non voler perdere altro tempo per scartare i pacchetti colorati che, lo sa, sono sul tavolo proprio per lei. «Un bacio, Vera», e Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione, si lancia verso la bimba, poi si blocca, e spiega a Lorenzo Galletti, responsabile della Cardiochirurgia pediatrica. «Aspetta, mi tolgo il camice, perché altrimenti si rabbuia. Ho notato in questi giorni che questi camici non le piacciono. Cambia immediatamente umore quando mi vede senza». Ed è così: «Ciao», dice Vera a Lorini che finalmente la bacia.

Mamma Irina sussurra all'interprete Anastasia: «Step by step, guardiamo al futuro: c'è stato un prima, terribile, e un dopo, che è un tornare alla vita. Spero di riuscire a dimenticare il dolore che ho vissuto in tutto il periodo che è stato in mezzo al prima e al dopo: il timore di perdere Vera, la mia battaglia personale perché il suo caso venisse preso in considerazione, l'arrivo a Bergamo, l'attesa». Irina, poi il 19 maggio è arrivata la notizia: un piccolo era morto in Toscana e i suoi genitori, nella tragedia, hanno avuto la forza di dire sì al prelievo di organi. «Vede, in Russia da noi di prelievo da minori non possiamo neppure parlarne: è vietato per legge. Quando ho saputo che c'era il cuore per Vera sono scoppiata a piangere. Tutti piangevamo, i medici, le infermiere, i genitori degli altri bimbi ricoverati. Piangevamo per la morte di quel bambino e perché le porte della speranza si aprivano per Vera - racconta Irina, abbassando gli occhi -. Penso a quei genitori tutti i giorni: in Russia questo non è permesso, ma io so che se fosse successa la stessa cosa a Vera avrei donato i suoi organi. E ora tutte le volte che vado in chiesa, accendo due candele: una per il piccolo che ha donato il suo cuore, e una per mia figlia».

La storia di Vera in Russia è diventata un caso mediatico: la sua partenza da Novosibirsk alla volta di Bergamo è stato seguita passo passo da una troupe televisiva, il suo trapianto raccontato in ogni passaggio, e ora è all'attenzione del governo russo una proposta di legge perché si consenta il prelievo di organi da minori. «Oggi da noi i piccoli cardiopatici come Vera non hanno speranza, se non possono essere portati all'estero per un trapianto». Eppure, Irina, la storia di Vera ha colpito al cuore anche il premier Putin: si è speso personalmente per salvarla, qui il presidente del Consiglio Berlusconi ha seguito passo passo la vicenda. «Non so perché proprio il caso di Vera abbia interessato Putin: come mamma sapevo che dovevo fare qualunque cosa per salvarla. E l'ho fatta. Lavoro in televisione, a Novosibirsk, mi occupo di pubbliche relazioni, mio marito anche, si occupa di montaggio. Sono andata a sottoporre il caso al governatore di Novosibirsk, la questione è approdata al nostro consiglio regionale, ed è arrivata a Putin. Il resto lo sapete: posso solo dire grazie a Bergamo e ai Riuniti. Vera era condannata a morire».

Invece Vera è a Bergamo, un cuoricino batte sotto il suo vestitino da signorina elegante, regala sguardi affettuosi a quanti la circondano per il compleanno, Paolo Ferrazzi, direttore del Dipartimento Cardiovascolare e di Cardiochirurgia, Mariangelo Cossolini, responsabile del Coordinamento provinciale trapianto d'organi, il direttore generale dei Riuniti, Carlo Nicora, il direttore sanitario Laura Chiappa e amministrativo Peter Assembergs. Tutti commossi, mentre Vera stringe l'orsetto-mascotte dell'Atalanta, apre la scatola con le enormi tessere del domino che le hanno regalato. «Che bella festa - dice Irina - la prossima sarà per il secondo nome che darò a Vera: voglio chiamarla Francesca, in italiano, perché accanto al suo lettino, nel reparto, c'era un piccolo che si chiamava così. E perché da noi Francesca significa liberata».

Affrancata, appunto, dalla malattia. Vera e mamma Irina resteranno almeno un anno a Bergamo, per i controlli post trapianto. «Staremo in una casa. In questi giorni qui c'è anche l'altra mia figliola, che ha 12 anni. Mio marito è in Russia, deve lavorare. E il quarto compleanno lo festeggeremo ancora qui, a Bergamo. Ma spero di poter portare Vera al mare, al vostro bel mare italiano».

Carmen Tancredi

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