In carcere per due mesi e mezzo
Un errore, negato risarcimento

È rimasto in carcere a Brescia per due mesi e mezzo per omicidio volontario su mandato di arresto del Belgio, quando sarebbe bastato il controllo di una fotografia per fargli ottenere la libertà: ma per i giudici di Brescia nessun risarcimento gli è dovuto.

È rimasto in carcere a Brescia per due mesi e mezzo per omicidio volontario su mandato di arresto del Belgio, quando sarebbe bastato il controllo di una fotografia per fargli ottenere la libertà: ma per i giudici della Corte d'appello di Brescia nessun risarcimento gli è dovuto.

«L'autorità italiana - hanno detto - non può essere chiamata a rispondere dell'eventuale errore dell'autorità giudiziaria estera che ha emesso un mandato di arresto europeo con precise generalità»: toccava allo stato estero fare accertamenti aggiuntivi. A farne le spese un marocchino, da anni residente in Bergamasca - Harchi Rachid, 33 anni -, assistito dall'avvocato Gianfranco Brancato.

Tutto comincia il 24 luglio 2008, quando Harchi, venuto a sapere di un mandato di arresto nei suoi confronti si presenta dai carabinieri di Verdello. L'accusa è di aver ucciso un connazionale in Belgio, Azdi Kamal, pure residente in Bergamasca: sul luogo del delitto una carta di identità con le generalità di Harchi Rachid.

Interrogato a Brescia, Harchi respinge le accuse e ipotizza si tratti di un documento falso: il difensore ne chiede l'acquisizione ai giudici bresciani, ma la cattiva qualità dell'immagine trasmessa non consente confronti, e il 33enne resta in carcere.

Nonostante vari solleciti, la situazione non si sblocca: a settembre la Corte d'appello dispone la traduzione in Belgio dell'arrestato, eseguita il 10 ottobre. Lo stesso giorno le autorità belghe, visto che la foto non corrisponde, lo scagionano e lo rimettono in libertà.

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