Bassa e 'ndrangheta, la Cassazione
sentenza annullata, tutto da rifare

Tutto da rifare, e l'esistenza di infiltrazioni della ‘ndrangheta a Bergamo, dopo aver superato il vaglio di un processo in primo grado a Bergamo e uno d'Appello a Brescia, viene ora a cadere: lo ha stabilito in questi giorni la Corte di Cassazione.

Tutto da rifare, e l'esistenza di infiltrazioni della ‘ndrangheta a Bergamo, dopo aver superato il vaglio di un processo in primo grado a Bergamo e uno d'Appello a Brescia, viene ora a cadere: lo ha stabilito in questi giorni la Corte di Cassazione, nell'ambito del processo nato dall'inchiesta nota come Nduja, annullando con rinvio quasi completamente (tranne pochi capi di imputazione minori) la sentenza di secondo grado.

In primo grado il collegio presieduto dal giudice Gaetano Buonfrate aveva emesso 14 condanne (la più alta a 26 anni), riconoscendo in sei casi l'associazione a delinquere di stampo mafioso, e confermando così la tesi accusatoria della presenza di infiltrazioni della ‘ndrangheta nella Bergamasca.

Secondo gli inquirenti due presunti gruppi legati alla ‘ndrangheta si sarebbero spartiti tra il 2000 e il 2003 le zone della Bassa Bergamasca (Romano, Isso, Torre Pallavicina, Cividate, Martinengo, Palosco, Ghisalba) e della Valle Calepio (Grumello e Carobbio): l'associazione mafiosa era stata riconosciuta per il primo, più legato al traffico di stupefacenti, e quindi a Giuseppe Romano, Caratozzolo, Seminara, De Luca, Paolo Romano e Tassoni. L'altro gruppo, capeggiato da Condello e specializzato nel recupero crediti nel mondo dell'edilizia, era stato assolto dall'associazione già in primo grado. La tesi era stata confermata anche dalla Corte d'appello, che aveva confermato sei condanne in toto.

Tutti i dettagli su L'Eco di Bergamo del 26 giugno

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