Piccinini, Cisl: le persone
non sono mezzi di produzione

Anche Ferdinando Piccinini, segretario generale della Cisl Bergamo, interviene sul caso della donna in coma licenziata. E si chiede: come misuriamo la dignità e l'umanità del lavoro? Si va ben oltre il confronto sui termini normativi contrattuali e legislativi.

Anche Ferdinando Piccinini, segretario generale della Cisl Bergamo, interviene sul caso della donna in coma licenziata. E si chiede: come misuriamo la dignità e l'umanità del lavoro? Si va ben oltre il confronto sui termini normativi contrattuali e legislativi.

«La vicenda della lavoratrice in coma che è stata licenziata dall'azienda per scadenza dei termini di malattia - dice Piccinini - è talmente grave per il segnale di disumanità che assume, che va ben oltre il confronto sui termini normativi contrattuali e legislativi che hanno portato l'azienda a questa irresponsabile decisione.

E' un indicatore di dove può arrivare una concezione puramente economicista dell'impresa che considera le persone semplicemente alla stregua di “mezzi” di produzione, togliendo quindi al lavoro la sua dimensione più importante e profonda:  quella di umanità.

La persona umana, scrive il nostro vescovo Francesco Beschi nella lettera che ha dato inizio alle iniziative del convegno ecclesiale su economia e lavoro, non può essere ridotta semplicemente a una risorsa, non è solo la risorsa decisiva, ma il criterio di giudizio della bontà stessa del lavoro.

Certo, questa vicenda è balzata alle prime pagine dei giornali per l'evidente drammaticità della situazione della lavoratrici, del marito e della famiglia e della scelta dell'azienda priva di ogni minima attenzione alla persona. Ma deve richiamare a una riflessione più complessiva sulle molteplici situazioni di sofferenza e di disumanità nella realtà lavorativa che riscontriamo quotidianamente.

Vi è in questo un'azione sindacale quotidiana e sommersa, che non fa notizia, tesa a dare risposta alle tante situazioni di sofferenza, in modo particolare nell'aiuto di chi ammalato gravemente si trova a fare i conti anche con il rischio di perdere il lavoro per l'esaurimento dei periodi contrattuali di conservazione del posto di lavoro.

Vi sono anche molte situazioni dove l'impresa (grande, ma anche e soprattutto piccola) risponde con responsabilità e forte sensibilità a queste situazioni. Ma occorre porre all'attenzione collettiva che un grado più alto di civiltà e di umanità del lavoro è dato dalla capacità di tutti i soggetti collettivi e istituzionali di dare risposte e tutele a queste situazioni.

Si è parlato molto di assenteismo, di chi sfrutta egoisticamente le norme contrattuali sulla malattia che va contrastato, occorre con la stessa enfasi parlare e affrontare il tema di una nuova responsabilità delle imprese e di tutte le parti sociali verso i più deboli, di chi ha la “sfortuna” di essere in una condizione critica nella propria vita  per una grave malattia che per tanti altri eventi, e che il lavoro può e deve rappresentare la possibilità di speranza e di crescita per il futuro.

E' da questo che misuriamo effettivamente la dignità e l'umanità del lavoro».

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