Rivolta a Londra , una bergamasca:
«Ho dormito in tuta, pronta a fuggire»

Continua la rivolta in Inghilterra. Dopo Londra, le violenze e i danneggiamenti si sono spostati a nord del Paese. Scontri a Birmingham, Manchester, Nottingham e Liverpool. Ecco il racconto di un medico bergamasco, Sara Sciacca, in servizio al Queen's Hospital.

Fumo di Londra. Non è il colore dei tailleurs delle lady di Carnaby Street. È la nuvola avvelenata che soffoca alcuni quartieri della capitale del Regno Unito, lo sfondo di un cielo cupo, che incombe su palazzi distrutti. Fino a poco fa, qui si alzavano lingue di fuoco, scintille, come lapilli sparati da un vulcano rabbioso.

Londra – almeno una parte – per alcune notti è stato tutto questo: l'anticamera di un inferno. Ne sa qualcosa Sara Sciacca, medico ventottenne di Bergamo, che si è trasferita in Inghilterra qualche mese fa e abita proprio a Londra. «Prima sono stata ad Oxford per motivi di studio – dice –. Poi sono stata assunta come medico al Queen's Hospital di Romford, a nord est di Londra, ma vivo a Bethnal Green».

«Di sera si vivono tensione, preoccupazione, disagio. Lunedì mentre mi trovavo in ospedale, verso le 20.30, si è creato un clima di allarme per le voci degli incidenti, la violenza e le stazioni di treni e metropolitane chiuse. Mi è stato chiesto di fermarmi a dormire in ospedale, ma per motivi personali sono tornata a casa ».

Cosa ha visto durante il tragitto?
«Le strade e le stazioni erano e sono sorvegliate o bloccate dalla polizia. La Central line funzionava, ma la stazione di Bethnal Green era bloccata. Sono scesa alla fermata successiva, Liverpool Street, ho cercato un mezzo alternativo, ma né agli autobus, né ai taxi era permesso il transito. La polizia mi ha sconsigliato di tornare a casa. Un incubo».

«Non ho mai vista nulla del genere – continua la dottoressa bergamasca –. Solo quando la situazione sembrava calmarsi, sono riuscita a trovare un taxi da condividere con altre persone dirette nella mia stessa zona».

Quindi si sono avuti disordini anche vicino alla sua residenza?
«Sì, a poche centinaia di metri da casa. Barricata fra le mura domestiche ho tirato un sospiro di sollievo, ma è stata una nottataccia: sirene continue di polizia, ambulanza e vigili del fuoco. E gli elicotteri che perlustravano la zona».

«Non nascondo – continua Sciacca – la preoccupazione mia e degli altri abitanti: ho chiuso occhio solo per poche ore, temendo che i disordini arrivassero sotto casa. Confesso di aver dormito con una tuta ha jogging, nell'eventualità di dover lasciare improvvisamente l'appartamento. Il che la dice lunga sul mio stato d'animo».

Ora la situazione è più tranquilla?
«C'è una calma apparente. Diversi negozi sono chiusi temendo irruzioni».

E nel suo ospedale?

«Io lavoro nel reparto di medicina interna, lì non ci sono problemi. Completamente diversa la situazione al Pronto soccorso».

Ora gli scontri si sono propagati in altre città inglesi.
«Però anche martedì sera, tornando a casa, ho trovato decine di agenti di Polizia non solo a presidio delle stazioni, ma anche intenti a fare giri di perlustrazione per le strade. La notte è rotta ancora dalle sirene e dal rumore delle pale degli elicotteri che sorvolano gli edifici».

Non vorrà già tornare in Italia?

«No, sono venuta qui per specializzarmi in neurochirurgia. Passerà anche questo caos. Non sono un medico in prima linea in un campo di battaglia. E sono certa che Londra presto tornerà quella di sempre».

Emanuele Roncalli

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