Omicidio Barcella, i riscontri
Il machete fatto ritrovare da Telini

E' stato Geremia Telini, imprenditore di Gorno, a far ritrovare ai carabinieri il machete utilizzato per uccidere Santo Barcella. L'arma delitto è stata localizzata da Bondo di Colzate in un dirupo non lontano dal punto in cui era stato scoperto il cadavere.

E' stato Geremia Telini, quarantatreenne imprenditore di Gorno, a far ritrovare ai carabinieri il machete utilizzato per uccidere Santo Barcella. L'arma delitto è stata localizzata da Bondo di Colzate, nella zona di San Patrizio-Case Sparse, in un dirupo non lontano dal punto in cui, a fine marzo, era stato scoperto il cadavere dell'artigiano di Clusone.

Le ricerche sono state condotte dai carabinieri di Gandino, che sono intervenuti con un massiccio dispiegamento di uomini del Soccorso alpino di Clusone e della Protezione civile dell'Ana. Intanto Geremia Telini (che aveva chiesto di parlare con il magistrato) resta in carcere. E restano in cella anche Benim Ponik, 36 anni, operaio kosovaro di Gazzaniga, e Roberto Poletti, 38 anni, disoccupato di Gorno. I tre erano stati fermati a giugno con le accuse di concorso in omicidio volontario e occultamento di cadavere.

La perlustrazione dei boschi era durata tutta la mattinata e si era conclusa verso mezzogiorno, portando al ritrovamento del machete e di altri oggetti.

Telini avrebbe confermat agli inquirenti la versione conosciuta dei fatti. Barcella, scomparso nel novembre 2010, era stato trovato a fine marzo in un sacco a Valpiana, con la gola tagliata. Le indagini si erano subito indirizzate verso il regolamento di conti: il settantenne infatti aveva precedenti per truffa. Attraverso i tabulati telefonici i carabinieri erano arrivati prima a Telini, che accusava Barcella di averlo imbrogliato in un affare e pretendeva la restituzione di 15 mila euro, e da lui a Ponik, che gli avrebbe dato un assegno «affidato in custodia» a Barcella. Telini avrebbe raccontato al kosovaro di aver portato Barcella nei boschi di Valpiana, aiutato da Poletti. Gli avrebbero stretto la cintura di sicurezza dell'auto attorno al collo, minacciando di ucciderlo se non avesse rifuso i 15 mila euro. Barcella avrebbe detto di non avere i soldi, poi avrebbe perso i sensi. Credendo di averlo ucciso, i due lo avrebbero chiuso nel sacco e gettato nel bosco. Andando via, però, avrebbero notato che l'artigiano si muoveva ancora e pertanto lo avrebbe finito con un colpo alla gola. Su quest'ultimo punto - e cioè su chi avrebbe finito il Barcella - i tre avrebbero scaricato l'accusa l'uno sull'altro.

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