Affitti, emergenza casa anche per il ceto medio

Affitti, emergenza casa anche per il ceto medioAll’ultimo bando per alloggi a canone concordato arrivate 107 domande per 10 appartamenti

Popolari, ma non solo. Perché se fino a qualche tempo fa con uno stipendio di 2 milioni di vecchie lire si poteva anche trovare una dignitosa casa in affitto, ora la musica è cambiata. E non in meglio. Lo sanno bene dalle parti di via Mazzini, alla sede dell’Aler (Azienda lombarda edilizia residenziale), dove la tipologia delle richieste sta cambiando. E di molto.

«Il nostro zoccolo duro resta quello dei ceti popolari, è chiaro, ma ci sono dei segnali inequivocabili», spiega il direttore amministrativo Vinicio Sesso. Per intenderci, lo scorso novembre è scaduto il bando per l’affitto di 10 appartamenti a canone concordato (quindi non sociale), equamente divisi tra le vie Dell’Era (San Paolo) e Ungaretti (Campagnola). I requisiti erano quelli di un reddito minimo di 12 mila euro e massimo di 39 mila per nucleo familiare, quindi non proprio basso: «Bene, abbiamo avuto 107 domande. Per 10 appartamenti».

Sì, la musica è cambiata «e c’è gente che non ha i requisiti per accedere al canone sociale ma nemmeno un reddito tale per stare nel mercato immobiliare». Middle class, direbbero gli inglesi: gente che con stipendi da impiegati o insegnanti fino a qualche tempo fa stava tranquillamente a galla, ma che ora fatica a barcamenarsi.

L’Aler ha in dotazione 163 appartamenti a canone concordato, ovviamente tutti pieni. Pochi, molto pochi rispetto ai 5.513 a canone sociale e ai 435 demaniali in gestione. Ma non si può attribuire all’ex Iacp questa stortura del mercato: la natura dell’ente va cercata proprio nel vecchio nome, Istituto autonomo case popolari. Popolari, appunto: al resto ci pensava il mercato.

E così dalle parti di via Mazzini ora si trovano a fare fronte a un duplice problema: la richiesta costante di alloggi popolari e la nuova ondata dei ceti medi. «Guardi, abbiamo oltre 2.000 domande l’anno di case popolari, metà sono di stranieri. E il dato è stabile da un bel po’: per la precisione 1.567 domande in provincia e 526 in città. In linea di massima riusciamo ad evaderne 250, tramite alloggi di risulta». Che altro non sono che le abitazioni lasciate libere: in minima parte per sfratto o abbandono volontario, nella stragrande maggioranza per il decesso dell’inquilino.

«Purtroppo è così: stiamo facendo diversi interventi in provincia, e si tratta di case davvero belle. Vede, se fino a qualche tempo fa si potevano identificare le case popolari secondo l’anno di costruzione, ora non più: ogni intervento è fine a se stesso, non è più una cellula continuamente ripetuta per un tot di anni». Ma questa è la provincia, «in città l’ultimo insediamento è quello di via Martin Luther King, al Villaggio degli Sposi, consegnato nel 1997. Quest’anno però assegneremo gli appartamenti rimessi a nuovo in via Rovelli, alla Clementina, ma più di ristrutturazioni non riusciamo a fare. Anche se a breve inizieremo i lavori per 50 appartamenti proprio a canone concordato a Borgo Palazzo, dove sorgerà anche la nostra sede. La verità è che la domanda è tanta, ma l’offerta poca».

Semplice, ma allo stesso tempo terribilmente complesso, per i ceti medi così come per quelli popolari: «Per questi ultimi il canone medio è di 1.000 euro l’anno, poco più di 83 euro al mese. Parlo di canoni medi, perché il livello si calcola sui redditi del nucleo familiare: c’è chi se la cava con 162 euro l’anno e chi arriva ad oltre 4.000». Quattromila euro, praticamente allo stesso livello degli appartamenti a canone concordato appena assegnati. E il cerchio si chiude: i ceti popolari e medi si scoprono vicini. Terribilmente vicini.

(22/01/2004)

© RIPRODUZIONE RISERVATA