Guardia di Finanza sgomina traffico di droga Arrestati 5 albanesi residenti nella Bergamasca

Ci sono anche cinque albanesi residenti nella Bergamasca nell’organizzazione illecita di traffico di stupefacenti sgominata dalla Guardia di Finanza di Trento dopo due anni di indagini. Arrestati, i cinque extracomunitari sono accusati di associazione per delinquere finalizzata all’importazione e vendita di droga.

Il traffico di stupefacenti, secondo quanto accertato dalla Fiamme Gialle, consentiva all’organizzazione, gestita esclusivamente da albanesi e ramificata in tutta Italia, di effettuare frequenti trasporti di droga (2-3 kg alla volta), per un giro di affari di circa 100 milioni di euro. La cocaina, proveniente dal Sud America, veniva nascosta in auto prese a noleggio in Olanda e modificate da carrozzieri compiacenti e quindi trasportata fino in Italia. L’ eroina proveniva invece dalla Turchia e veniva trasportata via mare nascosta in container di navi fino al porto di Bari da dove veniva smistata dai corrieri.

I capi dell’organizzazione, secondo l’accusa, risiedevano all’estero, mentre a Rovereto, Milano, Bari, Brescia, Alessandria e anche Bergamo agivano referenti per il territorio che si servivano di fornitori, sempre gli stessi. Nel nostro territorio gli agenti hanno arrestato Julian Farruku, nato in albania e residente a Calcio; Besnik Rokaj, detto Niku, 38 anni, residente ad Adrara San Martino; Ferdinand Shtemari, detto Fredi, di 42 anni, residente a Sarnico; Ermir Hodo, detto Miri, 37 anni, residente ad Adrara San Martino, così come Indrit Ferri di 30 anni.

Le indagini sono state avviate nel marzo 2001, quando a Rovereto e nella Vallagarina i finanzieri del Gruppo operativo antidroga hanno scoperto otto presunti trafficanti albanesi, collegati con alcuni siciliani originari di Caltanissetta e residenti nella zona di Rovereto. Grazie ad un serrato lavoro di intercettazioni telefoniche, gli inquirenti hanno puntato le indagini verso la Puglia e la Lombardia ricostruendo l’organigramma dell’ organizzazione. Nelle telefonate intercettate, i presunti trafficanti utilizzavano sempre un linguaggio cifrato per indicare la droga, che veniva indicata con nomi di cibi e bevande come caffé, the o latte.

(22/04/2004)

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