Predore e la ciclovia del Corno:
costata il doppio, mai collaudata

Era proprio necessaria quell'infilata di cemento armato che cinge lo sperone del Corno tra Predore e Tavernola? In teoria sì: protegge le teste di ciclisti e pedoni. In pratica no: dopo cinque anni dall'avvio dei lavori  non è ancora stata collaudata.

Era proprio necessaria quell'infilata di cemento armato che cinge lo sperone del Corno tra Predore e Tavernola? In teoria, scempio o non scempio sì, era necessaria, perché insieme alle reti paramassi, a tiranti e chiodature, a inizioni di resine speciali e infiniti lavori di disgaggio e bonifica dei versanti rocciosi, l'infilata protegge le teste di ciclisti e pedoni.

In pratica, però, con il senno di poi no: non sono bastati né tunnel di cemento armato, né reti paramassi. Perché dopo cinque anni dall'avvio dei lavori per mettere in sicurezza le pareti del Corno, dopo quattro lotti successivi di interventi per scongiurare la caduta massi e iniezioni di fondi pubblici fino al raddoppio dei costi rispetto al preventivo di spesa iniziale, su questi 800 metri con vista fantastica su lago, Montisola, Corna dei Trentapassi fino alle vette della Valcamonica, ufficialmente ciclisti e pedoni non ci possono passare.

Ufficialmente, perché la ciclovia del Corno non è ancora stata collaudata, anche se non ci sono sbarre o divieti. Così ciclisti e pedoni lasciano l'ex statale prima dell'ingresso in galleria, traslocano sulla ciclovia e tornano sulla litoranea una volta finito il tunnel. Nessun geologo, però, ha finora controfirmato che dalle pareti a picco sopra la pista ciclopedonale non rotoleranno più massi e macigni.

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