Sigilli allo stabile di via Carnovali
E i musulmani pregano in cortile

Da quando la procura di Bergamo ha apposto i sigilli allo stabile di via Carnovali 94, è il secondo venerdì consecutivo che l'associazione islamica, una delle 11 ospitate nell'ex cementificio Cortinovis, si incontra nel cortile per pregare.

Da quando la procura di Bergamo ha apposto i sigilli allo stabile di via Carnovali 94, è il secondo venerdì consecutivo che l'associazione islamica, una delle 11 ospitate nell'ex cementificio Cortinovis, si incontra nel cortile antistante per pregare. Durante la preghiera delle 13, il momento che richiama il maggior numero di fedeli musulmani, erano circa 200 le persone riunite nel piazzale, sotto gli occhi dei passanti e dei residenti. Per alcuni di loro è ormai una scena di quotidiana normalità, per altri invece, resta una situazione poco gradita.

«Non è tanto il centro islamico a creare rumore, quanto le altre associazioni – racconta Andrea Ferri, residente di una palazzina con affaccio diretto al cortile –. Vederli pregare per terra nel cortile dispiace. L'unico disagio è la quantità di gente che passa da questa via che è privata. In effetti di qui non potrebbero passare. Ma il vero problema è stato la domenica mattina, quando un gruppo della chiesa pentecostale ha allestito un gazebo con tanto di generatore e casse. Hanno cantato musica gospel tutta la mattina. Questo non è un luogo di culto. Il problema è chi l'ha permesso».

Ad osservare il gruppo in preghiera un esercente della zona, che «arrivati a questo punto» si definisce «senza speranze»: «Fino ad ora non è cambiato niente – spiega l'esercente – la situazione resterà così com'è se le istituzioni non fanno nulla. Non c'è più speranza». Mentre scuote la testa, lo storico residente cerca di dissuadere un paio di fedeli che si lavano in mezzo alla strada, sopra ad un tombino. Una delle pratiche nella religione musulmana è infatti la pulizia prima della preghiera. Purtroppo, come spiega Iqbal Zaffar, il presidente dell'associazione culturale Banglopak Italia, da quando lo stabile è stato sequestrato non hanno più acqua a disposizione.

«Ci siamo organizzati con delle bottiglie d'acqua – spiega Iqbal Zaffar –. La situazione non è cambiata, siamo ancora senza una sede e non abbiamo un altro posto dove andare. D'altra parte abbiamo bisogno di un posto per le 5 preghiere che facciamo ogni giorno. Siamo anche andati in Comune e stiamo cercando un'altra sede. Adesso vedremo cosa farà il proprietario, se ci chiederà ancora l'affitto. La nostra speranza è riuscire ad entrare nella sede della nostra associazione, dove abbiamo tutte le nostre cose e anche dei documenti importanti, come il contratto di affitto».

A conferma della situazione le parole del legale dell'associazione: «Lunedì depositeremo l'istanza a nome del presidente dell'associazione al procuratore, in modo da poter accedere alla sede in qualità di conduttore dell'immobile, per prendere i propri effetti personali e accedere alla documentazione negli uffici – spiega Omar Ghezzi –. Studiati questi atti saremo nella possibilità di capire se l'associazione culturale è semplicemente un affittuario i cui diritti sono stati lesi o se vi saranno elementi per valutare la posizione dell'associazione in qualità di parte offesa nel procedimento che si è già incardinato e che ha permesso il sequestro. Abbiamo incontrato l'assessore Pezzotta e c'è stata una buona disponibilità rispetto alla situazione».

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