Cooperativa Città Alta: 30 anni
«Dobbiamo salvare Sant'Agata»

Trent'anni della Cooperativa Città Alta, l'appello del presidente Aldo Ghilardi: «Salviamo Sant'Angata, prima che crolli. Noi pronti a intervenite subito». La risposta del sindaco Tentorio: «Non possiamo fare miracoli, ma state tranquilli»

Trent'anni della Cooperativa Città Alta, l'appello del presidente Aldo Ghilardi: «Salviamo Sant'Angata, prima che crolli. Noi pronti a intervenite subito». La risposta del sindaco Tentorio: «Non possiamo fare miracoli, ma state tranquilli»

Spegnere le prime 30 candeline vuol dire sì essere un po' felici per i risultati raggiunti- i pasti a domicilio consegnati, il doposcuola, i 30 dipendenti con un occhio di riguardo al carcere e ai più fragili -, ma anche non sedersi sugli allori. «Perché qui non si tratta di difendere i panda e chiuderli in una riserva - dice Ghilardi - ma un modo di stare insieme».

A non piacere «è una Città Alta ridotta a seconde case e bed & breakfast; la questione casa è da affrontare per arginare lo spopolamento del quartiere». A non piacere è una città che dimentica le sue bellezze e i suoi contenitori storici.

E a questo punto è inevitabile un passaggio sul futuro del Carmine e di Sant'Agata. Lo anticipa nel suo intervento il sindaco Franco Tentorio: «I miracoli non li fa nessuno, ma è un dovere di ogni amministrazione difendere la realtà del Circolino. Vi siamo vicini. State tranquilli sulla sede. L'assessore Pezzotta sta trattando con il Demanio per un progetto complessivo per Sant'Agata e il Carmine. Sarete informati».

Intanto, però, Ghilardi dice la sua: «Sono contenitori stupendi, dobbiamo agire prima di ritrovarci in mano solo un cumulo di macerie. Vista la mole di investimenti necessari, pensare che li sistemi il pubblico è dura; pensare che un privato possa entrare sotto la forma della concessione altrettanto». La Cooperativa Città Alta è invece disponibile sin da ora a giocare fino in fondo la sua parte.

L'ultimo chiavistello è stato tirato nel 1977. E da allora il carcere di Sant'Agata è rimasto prigioniero della sua storia. Per sempre. Un grande punto interrogativo nel cuore di Città Alta, capace però di offrire sempre sorprese. Come gli affreschi al terzo piano di quella che una volta era la chiesa di Sant'Agata con annesso convento.

Spazi non accessibili al pubblico, i piani superiori a quelli che la Cooperativa Città Alta ha da tempo sistemato per le sue attività di ristorazione. Anche qui con qualche colpo ad effetto, come l'affresco dei primi del '700 (probabilmente) venuto alla luce durante i lavori d'ampliamento del Circolino nei locali dell'ex Asl, e riportato al suo antico splendore.

Ma il pezzo forte è due piani più sopra, nei locali che in passato ospitavano gli alloggi delle guardie. La controsoffittatura è crollata in diversi punti, rivelando la volta completamente affrescata. L'autore probabilmente è lo stesso dell'affresco restaurato due anni orsono. Un'altra pagina di storia che si svela, in un complesso vittima del tempo. E ostaggio dello Stato.

Leggi di più su L'Eco di domenica 16 ottobre

© RIPRODUZIONE RISERVATA